Esercito europeo: idee confuse, ma i missili uccidono l'Ucraina
- Michele Corrado
- 1 giorno fa
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di Michele Corrado

Più passano le settimane e maggiore appare lo stato di confusione dei Decisori europei alle prese con il rompicapo della Difesa e l’applicazione di questa al sostegno della nazione ucraina al posto del disimpegno americano. E si tratta di una confusione pericolosa, ma soprattutto sterile, mentre la Russia prosegue con suoi micidiali bombardamenti missilistici come quello di ieri, domenica delle Palme, sulla città di Sumy, nord-est dell'Ucraina, in cui sono morte oltre trenta persone e distrutto l'Università e numerose abitazioni, e non si intravvedono spiragli di pace. Pace necessaria in Ucraina come in Medio oriente, nella Striscia di Gaza, perché soltanto da un raffreddamento delle situazioni internazionali e da un ritorno alla diplomazia si potrà ritrovare un punto fermo per riflettere razionalmente sulle scelte più idonee e percorribili per la costruzione della comune difesa europea.
Premesso ciò nel ricordare una tra le più gravi stragi di civili dall'inizio dell'aggressione russa all'Ucraina, osserviamo in linea di progressione temporale il dibattito europeo allargato alla Gran Bretagna. Dapprima è stato rilasciato il concetto di “ReArm Europe”, che da un punto di vista militare significa avviare un programma di aggiornamento ed ammodernamento di sistemi d’arma obsoleti, consentendo a certe aree dello strumento militare (difesa aerea, mezzi corazzati, assetti satellitari, droni, ecc.), di ritornare all’avanguardia da un punto di vista tecnologico, ma che non vuol dire necessariamente aumentare gli organici. Del resto, anche il famoso raggiungimento del 2 o 3 per cento del Pil per le spese militari vuol dire molto poco. È necessario decidere che cosa si vuol realizzare al fine di esprimere capacità concrete prefissate. Se alle Forze Armate italiane raddoppiassero gli stipendi, si raggiungerebbe sicuramente una spesa del 2 per cento, ma nulla cambierebbe in relazione alle capacità che questo strumento militare è in grado di esprimere. A meno del morale, che farebbe sul breve periodo un significativo balzo in avanti.
Si è poi parlato di “Readiness 2030”, che significa avere Forze militari in stato di prontezza entro il 2030. Prontezza sta per Forze militari pronte all’impiego in combattimento, che nulla ha a che fare con il loro livello di armamento ed equipaggiamento. Si possono avere unità militari desuete, ma pronte ad essere impiegate, e unità equipaggiate ed armate con dotazioni di ultima generazione non di immediato impiego.
Si sta poi virando verso il modello di potenziamento delle Forze Armate nazionali dalle quali poi assiemare unità da impiegare sotto bandiera europea. Percorso all’apparenza più semplice che consente ai vari Paesi di mantenere l’attuale libertà d’azione e scaricare in tempi futuri, magari il 2030, la reale possibilità di disporre di capacità militari europee.
Questo percorso è però opposto ai desiderata dei diversi governi che concordano su un unico punto fondamentale: spendere il meno possibile. Il contenimento della spesa è il peggior nemico degli apparati militari che riescono a mantenere le loro capacità in presenza di un avversario belligerante solo grazie alla ridondanza dei vari apparati. Non sembra inoltre chiaro che tipologia di Forze debbano essere raggruppate a livello europeo e quale sia il “concetto strategico” che dovrebbe sovraintendere alla prontezza di tali Forze.
L’altro aspetto fondamentale, del quale ancora nulla si dice, risiede nello sviluppo del corpo dottrinale che dovrebbe consentire ai vari livelli (strategico, operativo e tattico), l’impiego degli assetti disponibili gestiti da un centro decisionale unico che ancora non esiste. Non ultimo poi, la definizione di catene di comando e controllo di questa Forza europea che dovrebbe essere in ogni caso agli ordini di un unico Comandante come avviene in ambito Nato.
La sensazione percepita pare essere quella di una variegata indeterminazione che si concretizza in uno stato di confusione permanente dove l’unica certezza è quella di un aumento della spesa in ambito Difesa senza capire che cosa essa dovrebbe produrre.
Forse sarebbe più opportuno decidere che cosa si vuol realizzare per poi capire quanto ci costa e quindi se è realmente sostenibile.
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