top of page

Emergenza casa: lo Stato ritorni ad essere generatore di risorse

La Porta di Vetro

Aggiornamento: 19 mar


Il 14 e 15 marzo scorsi, si è svolto a Torino il Forum nazionale sociale dell'abitare. Si è trattato di un appuntamento che ha visto convergere esperienze provenienti dal mondo associativo, Terzo settore, rappresentanza sociale, governo locale. In altre parole, esperienze diversa, ma tutte contrassegnate un'esperienza di grande ricchezza sociale. Non a caso, gli interventi, pur in presenza della regia "convenzionale" che necessariamente deve orientare il dibattito, hanno avuto il merito di focalizzare l'attenzione del pubblico su cinque argomenti prioritari e tra loro collegati: 1) l'assenza di un piano casa; 2) il recupero degli immobili inutilizzati; 3) la necessità di avviare rapidamente una strategia di composizione dell'offerta; 4) lo sviluppo di una politica integrata; 5) il ruolo del soggetto pubblico, dell'ente locale in particolare, chiamato a coordinare gli interventi sul territorio.

Cominciamo a prendere in esame i cinque punti.

Dal confronto è emerso che "l'assenza di un piano casa" minaccia la stessa esistenza dell'edilizia residenziale pubblica. Difatti, la tendenza nazionale è quella di una decrescita degli immobili pubblici che passano da 1.100.000 nel 2003 a 780.000 nel 2025. Peraltro, sarebbe contraddittorio dimenticare la rilevanza che assume il piano nella direzione della manutenzione straordinaria, non coperta dal canone di affitto (90 euro di media mensile) se si pensa che per effettuare la ristrutturazione di un immobile sono richiesti mediamente 17mila euro, almeno a Torino (Milano e Roma sono più care). Se si rimane in Piemonte, la scelta della Regione e dell'Atc di procedere con la politica dell'auto-recupero, cioè con l'assegnazione di un alloggio il cui onere di ristrutturazione è però a carico del nuovo assegnatario, equivale a ridurre il numero degli alloggi a disposizione delle fasce più deboli. Oltre, a favorire in prospettiva, sarebbe miope negarlo, la svendita del patrimonio pubblico all'ex locatario che si trasforma in condomino. Non è un'anomalia, dunque, che in Piemonte la combinazione di queste scelte abbia determinato 15 mila famiglie (di cui 10 mila soltanto a Torino) in lista d'attesa per l'assegnazione della casa e ben 2.000 alloggi inabitabili per la mancanza di requisiti minimi per l'abitabilità. Morale: il crocevia di qualunque ragionamento, se si vuole uscire dall'astrazione, è l'ideazione di un piano nazionale di edilizia pubblica che in Italia manca dal piano Ina-Casa presentato da Amintore Fanfani, che si sviluppò dal 1949 al 1963. Nel merito dell'incidenza dell'edilizia pubblica, e per avere un'unità di confronto, si prenda il caso di Vienna (2 milioni di abitanti) che possiede 200.000 immobili di proprietà pubblica, mentre a Torino (850 mila abitanti) ve ne sono poco oltre 20.000.

Da questa prima riflessione, discende appunto la centralità del "recupero degli immobili inutilizzati" che si apre a due prospettive: quella sanzionatoria e quella concertativa, quest'ultima intesa come intervento del soggetto pubblico per cercare un equilibrio tra incentivi e sanzioni. A completare il ragionamento, vi è l'avvio di "una strategia di composizione dell'offerta" sul mercato, ovvero un mix di alloggi pubblici e privati. Ma ciò apre un altro capitolo "delicato" che investe direttamente l'istituzione pubblica: l'intervento sul patrimonio privato inutilizzato, a partire da una mappa delle disponibilità, cui fa da complemento una mappa dei bisogni abitativi, nella consapevolezza che l'indice di disagio è in crescita. Non a caso si parla di problema abitativo focalizzato sulle tre S: student, social, senior, nella traduzione corrente una popolazione anziana, formata di studenti e di lavoratori al limite del sostentamento.

Ci si trova di fronte, così, all'impellenza di costruire una "politica integrata", almeno come risultato qualificante dell'impegno del Forum dell'abitare sociale. La presenza di associazioni che operano nel campo dell'abitare con identità definite (senza fissa dimora, migranti, supporto donne sole, padri separati, persone con fragilità psichiche, soggetti con vulnerabilità economiche) richiede una revisione delle politiche di inclusione che devono considerare quelle esperienze per arrivare a coinvolgere quelle stesse associazioni nei processi decisionali e di progettazione. Il terzo settore che opera su un piano di co-progettazione degli interventi è il secondo asse di questa visione integrata, insieme ai soggetti della rappresentanza sociale, a partire dalle organizzazioni sindacali. La specificità di questi soggetti ci porta a considerare il tema della casa con una visione integrata, ovvero l'intersezione di politiche sanitarie, socio-assistenziali, di accompagnamento. una esperienza che merita un'attenzione particolare è quella del co-housing: questa prospettiva può rappresentare un tassello importante nel recupero di opportunità abitative, ma anche il terreno su cui costruire reti mutualistiche di solidarietà, anche tra generazioni. La casa racchiude problematiche di più ampio respiro. Pensiamo che la media della morosità incolpevole a Torino è di 15.000 euro.

A conclusione di questo percorso, tutti gli interventi, e non poteva essere altrimenti, hanno individuato nel "soggetto pubblico", l'ente locale in particolare, la chiave di volta per superare quel gap sempre più ampio tra proposte e realizzazioni che finora ha congelato in Italia i propositi di definire un serio impianto di politica pubblica per la casa.

Comments


L'associazione

Montagne

Approfondisci la 

nostra storia

#laportadivetro

Posts Archive

ISCRIVITI
ALLA
NEWSLETTER

Thanks for submitting!

bottom of page