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Tiziana Ciampolini

Economia sociale di fiducia e di speranza: il messaggio dalle "Giornate di Bertinoro"

di Tiziana Ciampolini*


Le giornate di Bertinoro sono ritenute un appuntamento da non perdere per chi crede che l’economia sociale sia lo snodo concettuale e operativo per produrre sviluppo equo in ogni territorio. Esse prendono forma tra le colline del Forlivese e sono organizzate da AICOON, il Centro Studi promosso dall’Università di Bologna, che realizza iniziative di formazione e ricerca per promuovere la cultura del non profit e della cooperazione. I fondatori del Centro sono gli economisti Stefano Zamagni e Paolo Venturi. L'iniziativa si conclude oggi, 12 ottobre.[1]


Sono venuta a Bertinoro non solo perché da anni mi occupo professionalmente di economia sociale, ma anche perché l’economia sociale è una delle priorità della Commissione Europea e da questa estate anche della Città Metropolitana di Torino. Infatti, la Camera di commercio industria artigianato e agricoltura di Torino (CCIAA), ha presentato un accordo firmato tra l’ente camerale e la Città metropolitana per la redazione di un Piano dedicato all’economia sociale del territorio metropolitano torinese.

Premesso ciò, è necessario ricordare che cos’è l’economia sociale. La Commissione europea la definisce un'economia innovativa ancorata al territorio, che genera co-produzione di conoscenze, di beni e servizi sulla base della cooperazione tra differenti attori e settori, realizzando contemporaneamente inclusione, coesione e prosperità economica, tentando così di correggere le disuguaglianze di mercato e rispondere a sfide cruciali come la creazione di lavoro di qualità, l'inclusione sociale, lo sviluppo sostenibile e la rivitalizzazione delle aree rurali. A partire da questa definizione, i soggetti promotori del Piano metropolitano dell’economia sociale di Torino si pongono l’obiettivo di diffondere un nuovo modello di crescita su tutto il territorio della Città metropolitana e costruire un piano economico con una forte identità sociale.


La leva di ogni cambiamento è la fiducia

Quest’anno a Bertinoro il tema è particolarmente sfidante: si chiede di riscrivere le regole del gioco a partire dalle istituzioni che mostrano una grande debolezza e, in molti casi, un’incapacità di operare cambiamenti strutturali in grado di garantire una transizione sostenibile e inclusiva. I discorsi che muovono da qui interpellano molto vivacemente la politica e in particolare la politica torinese e le sue responsabilità di traghettare la città verso il futuro.

Secondo il CENSIS, se guardiamo il nostro Paese, nonostante non manchino esperienze e segnali di un futuro positivo nel presente, prevale una crescente rassegnazione e insicurezza che ci rende il “una terra di “sonnambuli”.

Un Paese che invecchia sempre più e che resta inerme davanti alle tante paure. L’unica strada per uscire dalle secche è quella di scommettere su un agire corale caratterizzato da alleanze, collaborazioni e sperimentazioni capaci di ridisegnare il perimetro del “campo da gioco”. Il futuro è un prodotto “comune”, frutto della responsabilizzazione e partecipazione di tutti gli attori sociali, la cui guida e costruzione non può venire delegata a pochi. Siamo tutti responsabili della capacità di produrre scelte che producono speranza e futuro.

Gli interventi qui a Bertinoro ci ricordano che la “leva” di ogni cambiamento è legata alla fiducia. La fiducia è quell’elemento che cambia la natura di una relazione e di un’istituzione, sia essa economica, sociale o istituzionale. La fiducia di fatto amplia la realtà, trasforma l’inevitabile in inatteso (J.M. Keynes) ed è la condizione affinché un “bene” possa essere condiviso.

La riduzione dello “stock” di fiducia è un problema enorme ed è all’origine del fallimento della politica e delle policy, della crescita delle disuguaglianze e dei comportamenti opportunistici nelle scelte economiche. L’assenza di fiducia impedisce la costruzione del futuro ed è all’origine della visione che basa le scelte in una logica di breve periodo (corto-termismo di cui è malata la politica).


Aggiungere un tocco di speranza...

Non basta la fiducia, serve anche la speranza che è in grado di rompere l’inerzia, e come diceva Cicely Saunders, “la speranza è fatta di cose che hanno bisogno di qualcuno che le faccia accadere”. Un messaggio che rappresenta un chiaro invito a “far accadere” ciò che desideriamo, mettendo in campo il soggetto nella sua integralità come portatore di bisogni e come “struttura di desiderio”. Anche su questo tema le istituzioni hanno un ruolo cruciale.

Di seguito alcune suggestioni che possono essere utili per le istituzioni torinesi che vogliono sostenere ulteriormente lo sviluppo dell’economia sociale, promuovere una transizione ambientale socialmente sostenibile, favorire la collaborazione pubblico-privata per l’impatto sociale, usare al meglio tutte le opportunità nazionali ed europee per l’economia a impatto sociale, nella prospettiva di posizionare Torino e il territorio metropolitano come uno dei migliori posti al mondo per fare impresa ed investimenti a impatto sociale.


Le istituzioni come spazi morali

A Bertinoro si afferma che occorre rendere pubblica l’esigenza di “cambiare le regole del gioco”, a partire dal considerare le istituzioni come spazi morali e non solo tecnici e quindi “neutri” come una certa teorizzazione socio-economica per troppo tempo ha fatto credere. Per questo qui, sono presenti ad ascoltare e a partecipare, le maggiori organizzazioni di Terzo Settore Italiane, imprese Benefit, Istituzioni bancarie del Paese.

L’economista Stefano Zamagni ricorda che ciò che ha cambiato la storia sono le istituzioni che sono state capaci di dialogare con il tessuto sociale. Nella storia italiana il riformismo sociale e la pressione dalla base hanno generato istituzioni nuove e vitali, riconosciute poi normativamente per il loro contributo al bene comune. Oggi, non mancano la ricchezza di pratiche, la spinta dal basso di una moltitudine di enti terzi che raccontano nuovi modelli di vivere sociale positivo, oggi non manca neppure la possibilità di una strumentazione normativa e amministrativa (mai così ricca e dettagliata).

Paolo Venturi, direttore di AICOON, afferma che ciò che sembra mancare è un metodo per tradurre queste pratiche in azioni istituzionali. E senza azioni istituzionali le pratiche territoriali virtuose muoiono. Solo le istituzioni possono cambiare le regole del gioco, perché le istituzioni hanno a che vedere con le strutture di potere che governano la distribuzione di benefici e risorse. La loro funzione primaria è quella di servire le pratiche, le quali non possono durare a lungo senza il sostegno di istituzioni congruenti.

L'economista Pierluigi Sacco, docente all'Università di Chieti-Pescara, rinforza i concetti emersi, sottolineando che servono regole e istituzioni che alimentano incentivi alla cooperazione, che includono e che condividono equamente il valore aggiunto, è in grado di favorire non solo uno sviluppo più sostenibile ma anche una trasformazione sociale desiderabile.

Leonardo Becchetti, ordinario di economia politica all'Università di Tor Vergata Roma, ci richiama a stimolare un'”innovazione di rottura”, ovvero un ripensamento sostanziale e non appena formale dei paradigmi di sviluppo economico, delle soluzioni per combattere le disuguaglianze e delle strategie per costruire il futuro.


Note


[1] Le giornate hanno registrato anche gli interventi di Luca Antonini - Giudice della Corte Costituzionale, Nadia Urbinati - Columbia University, Sabrina Stoppiello e Massimo Lori - Istat, Natalia Montinari - Università di Bologna, Vanessa Pallucchi - Portavoce del Terzo Settore, Giulio Pasi - Scientific Officer e Policy Advisor presso la Commissione Europea, Anna Puccio - Managing Director, B Lab Italia, Roberto Poli - Università di Trento - Titolare della Cattedra UNESCO per i Sistemi Anticipanti, Carola Carazzone - Segretario Generale di Assifero, Simone Gamberini - Presidente Legacoop, Maurizio Gardini - Presidente Confcooperative, Maria Teresa Bellucci - Viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del Governo.


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