"Economia non osservata" ed evasione fiscale visibile
di Anna Paschero
Nell’ultima relazione sulla "Economia non osservata"[1] e sull’evasione fiscale e contributiva pubblicata dal MEF (allegata alla NADEF 2022) sono evidenziati i dati riferiti al quinquennio 2014/2019 per singola tipologia di imposta relativi al valore, in termini finanziari, dell’evasione fiscale e contributiva, nonché quelli percentuali relativi alla propensione al “gap” [2] dell’imposta per lo stesso periodo.
Dall’esame delle tabelle pubblicate nella relazione si nota una progressiva riduzione, in generale, dell’evasione stimata che, per la prima volta dopo anni, si attesta al di sotto dei 100 miliardi annui (per la precisione 99,2 miliardi nel 2019 contro i 106 miliardi del 2015) . Il dato, di per sé confortante, è la risultanza di alcune strategie adottate nel periodo, di cui si dirà più avanti, che si sono rivelate efficaci. Tuttavia, da una attenta lettura delle tabelle emerge che 83,2 miliardi provengono da mancata dichiarazione/pagamento di imposte e contributi dal lavoro autonomo e impresa. Ovvero quasi l’84% dell’intero “gap”.
Solo per citare alcuni numeri, la propensione ad evadere l’IRPEF è attribuibile per il 68,3% al lavoro autonomo e all’impresa (nel 2015 era il 65,1%); l’IVA, grazie all’effetto dello split payement e della fatturazione elettronica si è ridotta invece dal 26,6% al 20,3% (non è casuale che alcune organizzazioni datoriali stiano chiedendo di abolire tali meccanismi). L’evasione contributiva – a carico del datore di lavoro – nel 2019 risulta di 9,7 miliardi; nel 2015 era l’8,5%.
I dati riferiti al 2019 sono importanti per poter valutare il raggiungimento, o meno, degli obiettivi di riduzione del “tax gap” ai fini del programma Next Generation EU (NGEU). Infatti nell’ambito delle misure correlate alla “Riforma dell’Amministrazione fiscale” è stata inclusa la “riduzione del tax gap” che prevede che la propensione all’evasione, calcolata per tutte le imposte ad esclusione di quelle immobiliari e delle accise, si riduca nel 2024 del 15% rispetto al valore di riferimento del 2019. Dal 18,5% al 15,8%, ovvero meno 2 punti percentuali e in termini monetari meno 12 miliardi di Euro. L’obiettivo è ambizioso perché l’evasione tributaria italiana è molto elevata nel confronto europeo, (l’Italia risultava tra i paesi a più alta evasione IVA dopo Lituania, Malta, Grecia e Romania), ma le strategie adottate negli ultimi anni (fatturazione elettronica, split payment, invio telematico dei corrispettivi) richiedono di proseguire nella stessa direzione con ulteriori sforzi, anche attraverso incentivi mirati per i consumatori per ridurre il fenomeno dell’omessa fatturazione, quali ad esempio la norma che anticipa l’applicazione delle “sanzioni per mancata accettazione di pagamenti effettuati con carte di debito e credito” a decorrere dal 1 gennaio 2023 .
Nel contesto sopra richiamato, che richiederebbe una maggiore attenzione e provvedimenti più incisivi nei confronti del fenomeno dell’evasione fiscale, non sono infrequenti esternazioni come quelle pronunciate nel corso dell’odierna assemblea dell’ANCE dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni: “con la delega fiscale vogliamo creare un fisco alleato a chi fa impresa e produce ricchezza, non un fisco nemico e quasi vessatore, questa è la nostra visione”. O, giorni fa, come quelle del ministro Nordio, il "padre putativo" dell'abolizione del reato d'abuso d'ufficio: “anche un imprenditore onesto non può pagare tutte le tasse”.
Gioverebbe che qualcuno ricordasse loro che il cosiddetto “sistema forfettario” utilizzato da circa la metà delle partite IVA (circa 1 milione e 700 mila tra imprenditori e autonomi) consente di pagare una imposta sostituita del 5 % (per i primi cinque anni) e del 15% per il periodo successivo, al posto delle attuali imposte sul reddito comprese le addizionali locali e l ‘IRAP, con notevoli agevolazioni anche di tenuta delle scritture contabili.
L’aliquota IRPEF applicata per il primo scaglione di reddito dei lavoratori dipendenti è attualmente del 23%. I dati ufficiali del Ministero dell’Economia e delle Finanze smentiscono dunque quanto sostenuto dai due esponenti del governo: se ogni forma di evasione è censurabile, i contribuenti che evadono di più in Italia non sono i lavoratori dipendenti che contribuiscono per l’85% alle spese dello Stato e hanno un tax gap del 2,8%, ma quelli che la signora Giorgia Meloni e il signor Carlo Nordio difendono a spada tratta, ritenuti vessati e trattati dal fisco come nemici. E non a caso è significativo che essi stiano cercando di fare marcia indietro proprio su quei pochi strumenti che consentirebbero di stabilire un rapporto migliore e più trasparente con tutti i contribuenti, attraverso un fisco veramente amico ed equo per tutti.
Note
[2] Il tax gap è un indicatore dell'evasione che si pone l'obiettivo di misurare l'impatto del mancato adempimento degli obblighi di dichiarazione e versamento di imposte e contributi.
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