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Domenico Cravero

Dove sta andando Torino?

Aggiornamento: 2 minuti fa

di Domenico Cravero*


La domanda che si sollecita con il titolo impone una risposta, possibilmente non retorica. Dove sta andando Torino in un continuo di violenze e tensioni, ultime quelle derivate dalle manifestazioni per la morte a novembre del giovane Ramy a Milano?[1] Cresce il divario delle disuguaglianze; non trovano soluzioni le derive d’impoverimento. Nella città frammentata e incomprensibile, a prevalere è un senso d’insicurezza e paura. Zygmunt Bauman sosteneva che è la dimensione morale originaria e pre-sociale dell’individuo che fonda la società. L’Altro mi chiama alla responsabilità, alla capacità morale di rispondere a chi ha bisogno di me. Nell’individualismo però non basta sostituire l’Io con il Noi, c’è bisogno di una trascendenza dell’Io, di un suo nuovo valore. Nella modernità “liquida” invece tutto si scioglie: significati, legami, individualità. Sembra prevalere l’inazione, la rinuncia alla sfida e allo sforzo. Siamo diventati cittadini di quella che oggi è definita “società incessante”: una vita sempre attiva, incapace però di trovare il fine di questa sovrabbondanza di scelte.

Nell’abbraccio inevitabile tra il mondo liquido e la rivoluzione digitale, i legami sono diventati evanescenti: persone leggere, profili volatili, figure briose, la cui ricchezza dipende dall’immagine che ognuno associa a sé, che si adattano, “individualisticamente insieme”, alla vita senza direzioni. Non volendo trasformare il mondo, infatti, l'unica via di scampo consiste nel badare a se stessi, diventare spettatori di eventi.

Secondo l’ultima ricerca Censis, la maggior parte degli italiani sente di non avere presa sugli avvenimenti, vive la sensazione che qualcun altro scelga per sé. L’aumento della violenza può essere interpretato come una delusione profonda, conseguenza di una doppia comunicazione, contraddittoria e insostenibile, della cultura di oggi. Da una parte ci viene detto: “Tu vali! Realizzati, cogli le occasioni! Puoi fare tutto ciò che vuoi…”. Dall’altra, l’ideologia scientista e un modo superficiale di intendere la robotica trasmette il messaggio contrario: “Sei antiquato. Una macchina fa meglio di te”. Puoi fare ciò che vuoi, poiché nulla ha significato ma tu vali niente.

La vita spirituale resta un’esigenza diffusa (sentita dal 72% dei rispondenti ma per il 54% rimane un fatto individuale). C’è una crisi di motivazione: il 54,3% sente che gli manca qualcosa. Manca qualcosa che ti convinca che vale la pena andare oltre te, perché di se stessi si muore. Nella pietrificazione, che sembra seguita all’evanescenza degli affetti, la comunità credente può forse dare un contributo, per rompere la crescente indifferenza che pervade il mondo e gela la città. Può offrire parole che non siano quelle di tutti, può aiutare a trovare un senso più alto dell’Io, può testimoniare un orizzonte più vasto che chiama speranza.

*Parroco della Chiesa Santa Maria di Poirino, Psicoterapeuta e sociologo


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