"Democrazia è esercizio dal basso": Mattarella scuote le coscienze a Trieste
Aggiornamento: 4 lug
di Luca Rolandi
Le relazioni del cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, e di Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica, hanno aperto, a Trieste, la cinquantesima Settimana sociale dei cattolici che verrà chiusa domenica 7 luglio da Papa Francesco. Più di mille i delegati giunti da tutta Italia (14 dall’arcidiocesi di Torino, 2 dalla diocesi di Susa, una cinquantina da tutto il Piemonte) riflettono sullo stato di salute della democrazia, a partire dalla fatica crescente di vedere i cittadini partecipare in modo creativo e diretto al servizio del bene comune. Fin qui la cronaca impreziosita da un profondo e coraggioso discorso del Presidente della Repubblica, ultimo autentico rappresentante di quel cattolicesimo democratico che della radicalità evangelica e nel rispetto della laicità ha costruito un progetto storico e una prospettiva nell’Italia repubblicana.
«Democrazia è esercizio dal basso», democrazia è «camminare insieme». E battersi «affinché non vi possano essere “analfabeti di democrazia” è una causa primaria, nobile, che ci riguarda tutti». Il capo dello Stato è intervenuto stato molto chiaro e fine nel definire i confini e le prospettive del futuro democratico non solo del nostro Paese. Per inaugurare la 50esima Settimana sociale dei cattolici italiani, il tema è andato “Al cuore della democrazia”. «L’esercizio della democrazia – ha detto Mattarella nel suo discorso – non si riduce a un semplice aspetto procedurale e non si consuma neppure soltanto con la irrinunziabile espressione del proprio suffragio nelle urne nelle occasioni elettorali. Presuppone lo sforzo di elaborare una visione del bene comune in cui sapientemente si intreccino, perché tra loro inscindibili, libertà individuali e aperture sociali, bene della libertà e bene dell’umanità condivisa».
«Nella complessità delle società contemporanee, a criticità conosciute, che mettono a rischio la vita degli Stati e delle comunità, si aggiungono nuovi rischi epocali: quelli ambientali e climatici, sanitari, finanziari, oltre alle sfide indotte dalla digitalizzazione e dall’intelligenza artificiale”, ha continuato Mattarella, mettendo in guardia: “Le nostre appaiono sempre più società del rischio, a fronteggiare il quale si disegnano, talora, soluzioni tecnocratiche». La democrazia – ha ribadito – «non è semplicemente un metodo, bensì costituisce lo spazio pubblico in cui si esprimono le voci protagoniste dei cittadini». Alla domanda «a cosa serve la democrazia? », Mattarella ha risposto citando l’art. 2 della nostra Costituzione: «A riconoscere e a rendere effettive le libertà delle persone e delle comunità».
Molto importante anche il discorso del Cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna che ha lanciato un appello per una "democrazia inclusiva", all'insegna di due parole d'ordine: partecipazione e solidarietà. «Oggi è necessario un profondo rinnovamento sociale e politico", perché «la pace e lo sviluppo non sono beni conquistati una volta per tutte». No a «populismi, apatia e rassegnazione, sì alla solidarietà verso tutti, che non guarda il passaporto».
Papa Francesco chiuderà la 50a Settimana sociale dei cattolici
Note e parole di spessore che risuonano da Trieste e si dipanano in tutta Italia, in attesa dell'intervento di Papa Francesco che segnerà, ne siamo certi, questo inizio di coraggio e della rinuncia a ogni forma di ipocrisia da parte dei cattolici. Ma la domanda di fondo è chi ascolterà queste parole. Se da un lato lo sforzo dei vescovi e dei cattolici impegnati e attivi per rianimare la partecipazione politica del laicato e di un mondo cattolico asfittico è grande i risultati sono però molto meno evidenti. E non basta ricomporre uno quadro sociale ormai desueto sciolto dall’età post-moderna, il pensiero individualista resto esplosivo da un mix di libertarismo e consumismo e un quadrante che sui temi della solidarietà e l’inclusione fatica a costruire quella ineludibile società multietnica necessaria per sopravvivere e guardare al futuro.
Dal 1991, anno in cui per celebrare il centenario della “Rerum Novarum” con Giovanni Paolo II e il presidente Cossiga ritornavano le Settimane sociali de cattolici fondate dai cattolici pionieri da Toniolo a Murri del primo Novecento e chiuse negli anni del Post-Concilio, si sono susseguite tante edizioni che invero non hanno lasciato grande segno nella società italiana. Grandi temi, riflessioni, scenari, visioni che hanno fatto una presa debole rispetto ad un cattolicesimo plurale e conteso dal mondo politico e forze anche dal sociale come una riserva indiana. Troppo poco e troppo tardi si potrebbe dire, ma vedremo dopo Trieste se qualcosa davvero cambiare e dalle sacrestie spoglie dovesse riemergere un pensiero d’ispirazione cristiana incisiva e moderna fondamento indispensabile per la fragile democrazia italiana ed europea.
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