Debito Italia: inquietante per il Fondo Monetario Internazionale
di Anna Paschero
Il Fondo Monetario Internazionale lancia l’allarme sul debito italiano e raccomanda un urgente “aggiustamento credibile di bilancio e dei conti pubblici per mettere il debito su una traiettoria di calo sostenibile”, secondo le parole di Victore Gaspar, responsabile del Fiscal Monitor del Fondo Monetario Internazionale.
Lo stesso suggerisce di ridurre rapidamente la giungla di detrazioni fiscali, bonus e aiuti anti inflazione e mette in discussione le stime dell’ultimo Documento di Economia e Finanza (crescita + 0,7% nel 2024 e 1% nel 2025 debito sotto il 140%) prevedendo solo uno 0,2% di crescita nel 2026 e una impennata del debito nello stesso anno del 142,6% del Prodotto Interno Lordo.
L'invito a un aggiustamento "credibile"
Il direttore del dipartimento Europa Alfred Kammer ha spiegato in che cosa dovrebbe consistere “l’aggiustamento credibile” facendo alcuni esempi: eliminare gli sgravi fiscali inefficienti, combattere l’eluzione delle tasse, eliminare le scappatoie dal fisco e utilizzare in modo più efficiente i fondi europei.
Grazie all’avversione per il fisco della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, esplicitamente manifestata con la frase “mai dirò che le tasse sono una cosa bellissima”, il suo governo sta facendo di tutto per rendere più facile la vita agli evasori e i controlli dell’Agenzia delle entrate nei prossimi anni sono destinati a diminuire. Si passa (vedi il PIAO (Piano integrato di Attività e Organizzazione dell’Agenzia delle Entrate 2024 – 2026) dai 426.686 controlli effettuati nel 2022 ai 320.000 di quest’anno (meno 25%). Il record dei controlli è avvenuto nel 2016 con 773.000 verifiche, più del doppio di quelle previste quest’anno.
La scelta del Governo è quella di ridurre gli accertamenti a favore del concordato preventivo, ma nel PIAO non viene indicato il volume di accordi che potrebbero avvenire nei prossimi mesi e resta impossibile stabilire quanta parte del gettito perso potrebbe essere recuperata grazie al concordato. Quest’ultimo rappresenta la grande aspettativa del ministro Giancarlo Giorgetti per poter realizzare le promesse della riduzione delle tasse, che altrimenti si esaurirà nel 2024: ci vogliono 18 miliardi di euro e nell’aggiornamento al Documento di Economia e Finanza di ottobre, contrariamente a quanto è avvenuto nella versione di aprile, dovrà per forza spiegare dove prenderli.
L'incapacità di riscuotere i crediti
Nel frattempo cresce lo stock dei crediti non riscossi da parte dell’Agenzia delle Entrate: un drammatico magazzino di tasse, imposte, multe e contributi che l’Agenzia non è mai riuscita a riscuotere. Nel 2023 è salito a 1.200 miliardi di Euro, poco meno della metà del debito pubblico italiano. Riguardano 163 milioni di cartelle e avvisi inviati a 22,4 milioni di contribuenti. Escludendo le persone fisiche decedute e nullatenenti, le imprese chiuse o fallite, i provvedimenti di sospensione, le rateizzazioni, restano circa 100 miliardi da riscuotere, ma i relativi debitori sono soggetti a favore dei quali sono stati posti in essere interventi normativi a tutela del contribuente. Aumenta il debito e, contemporaneamente, l’incapacità di riscuotere i crediti dell’impresa Italia. Lo sostiene la Corte dei Conti nella relazione di parificazione dei conti dello Stato del 2022: ogni anno i crediti non riscossi aumentano di 40 miliardi, con una crescita del 3,6%. E fa ancora notare che di questa montagna di crediti (nel 2022 era di 1.150 miliardi) ben 336 risalgono ad accertamenti dal 2000 al 2010 e altri 347 miliardi dal 2011 al 2015. In altre parole, le cosiddette “rottamazioni” non sono servite a svuotare il magazzino, né a garantire incassi ragguardevoli.
Il Ministero dell’Economia e Finanza documenta in modo impietoso la situazione dell’evasione fiscale in Italia che è stata stimata in 96 miliardi di euro. Fenomeno che non accenna a ridursi a fronte di scelte politiche, stralci, riforme e condoni che invitano a evadere il pagamento delle tasse. La Corte dei Conti ha anche segnalato l’anomalia di questi crediti che, a prescindere dalla loro effettiva esigibilità, nella contabilità dello Stato sono indicati tra i residui attivi, gonfiando di fatto entrate che non ci sono e rendendo il bilancio dello Stato inaffidabile.
Occorre tuttavia riconoscere che l’Agenzia delle Entrate ha, negli ultimi anni, rafforzato la propria azione utilizzando le banche dati, adottando rapporti più proficui con l’anagrafe tributaria e riducendo i costi di riscossione. Progressi innegabili, ma che non sono stati sufficienti a cambiare il quadro appena illustrato, non certo per incapacità dell’Ente, ma per le politiche adottate dai vari governi che si sono succeduti. Standard & Poor’s ha appena confermato negli scorsi giorni il rating dell’Italia a BBB.
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