Davanti al grande schermo: Emilia Perez di Jacques Audiard
di Mariella Fassino
Emilia Perez, il film di Jacques Audiard nei nostri cinema in questi giorni ha trionfato ai Golden Globe ed è anche in pole position, candidato agli Oscar nell’edizione 2025. Difficilmente inquadrabile in un genere, un po’ drammatico, un po’ musicale, un po’commedia, un po’thriller è un caleidoscopio di temi che si intrecciano, ma che hanno al centro l’identità femminile. Tutta l’opera è percorsa da una tensione verso il femminile che non è destino ma scelta riscatto dalla brutalità, dallo sfruttamento dei corpi, dalla prevaricazione.
Juan Del Monte”Manitas”, con la violenza e l’astuzia ha costruito un impero economico del narcotraffico che governa nell’ombra, da quell’ombra emerge per chiedere a una giovane, talentuosa avvocata, Rita Moro Castro di occuparsi della sua transizione di genere. Manitas non ne può più di essere posseduto da un sentimento di struggente nostalgia per la sua parte femminile che fin da bambino lo rapisce e seduce, vuole finalmente raggiungerla e con lei vivere una nuova identità che sarà anche emendata dal crimine e dalla sopraffazione. Riuscirà a conseguirla grazie ai tanti quattrini accumulati nella sua vita scellerata e all’aiuto di Rita che saprà guidarla con la grinta e la sicurezza della sua professionalità nei meandri medici, legali e pratici della complicata, radicale trasformazione.
La lunga, dolorosa metamorfosi del corpo di Manitas approda a un’avvenente signora che ci affascina con la sua amabilità semplice e melanconica, Emilia Perez veste a pennello i panni di una donna di mondo perfettamente a suo agio nel nuovo corpo a lungo desiderato. Il ritmo del film scandito da sontuose coreografie, orecchiabili canzoni, recitar cantando e dialoghi intensi irriducibilmente assume la piega del melodramma, tanto da far pensare in periodo di intense celebrazioni per il centenario pucciniano, che se Puccini fosse vissuto ai nostri giorni avrebbe completato il ritratto delle sue eroine con quello di Emilia Perez.
Le ragioni del cuore prendono il sopravvento, perché una donna è anche amore per la famiglia, per i figli per una intimità domestica fatta di accudimento e attenzioni per l’altro. Ancora una volta Rita è chiamata a prestare la sua competenza per organizzare il recupero dei due figli e della moglie di Manitas che vivono agiatamente in Svizzera, come disposto da Emilia-Manitas che per la famiglia è scomparso, il suo corpo distrutto dal fuoco.
A Città del Messico si forma, dopo le prime diffidenze una nuova famiglia e qui tra gli agi Emilia, che è nuova zia, ma anche madre e padre, può vivere la pienezza della sua identità sognata, desiderata, amata, conquistata diventando anche la paladina dei diritti delle madri dei giovani desaparecidos, vittime dei narcotrafficanti. Ogni azione di Emilia diventa riscatto e riparazione.
Il genere melo’, per avere successo deve anche essere saturo di “iperbole” che in questo film si realizzano nella tesi secondo cui nel femminile si annida tutto il bene dell’umanità. Il femminile è empatia, cura bellezza, tenerezza ma anche volontà, affidabilità, perizia, concretezza, capacità di sognare e progettare una vita, tutte qualità che vediamo espresse con efficacia nella coppia Rita-Emilia. Il genere melo’ deve anche avere un risvolto tragico che si realizzerà a causa di Jessi, la giovane moglie di Manitas che confusa e frastornata metterà fine al breve sogno di Emilia.
Il film è dunque una celebrazione del ” femminile”, forse un po’ esagerata, tuttavia molto toccante nel riscattare le donne dai soprusi, dalle prevaricazioni, dalla violenza, dai tentativi di cancellare le conquiste di civiltà che sono costrette a vivere e vedere nell’attualità.
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