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Ariana Passanisi

Da Benedetta Pilato un "ritorno" alla filosofia

di Arianna Passanisi


Il caso di Paola Egonu e della sua compagna di squadra Myriam Sylla con l'affermazione della nazionale femminile di pallavolo a Parigi e le polemiche che ne sono seguite insieme con un grave episodio di intolleranza (l'alterazione del murale dedicata a Egonu)[1], ha sottratto alla luce dei riflettori l'interessante questione che la nuotatrice olimpica Benedetta Pilato ha sollevato con le sue dichiarazioni a caldo, dopo aver perduto per un centesimo di secondo l'ultimo gradino del podio.

Infatti, in giorno di presunta amarezza, Benedetta Pilato non ha esitato a dichiarare che fosse il migliore della sua vita, poiché un anno prima mai avrebbe immaginato di poter raggiungere quella posizione in una gara che aveva iniziato ad allenare da relativamente poco tempo. Pensieri che almeno in chi scrive hanno dato la sensazione che si stia affermando una nuova tendenza di pensiero sul piano intergenerazionale. Una tendenza tuttavia non condivisa, se la nuotatrice tarantina, che si è trasferita a Torino per motivi di studio, è stata aspramente criticata da Elisa Di Francisca, una schermitrice ormai fuori dalle competizioni agonistiche; polemica, tra l'altro, che si è riaccesa sui social nelle ultime ore di oggi, 14 agosto.[2]

Benedetta Pilato ha diciannove anni, da almeno cinque nuota su tempi di livello internazionale ed ha conquistato più medaglie ai Mondiali e agli Europei giovanili e senior di nuoto. Ma, davanti alle telecamere, nell'immediata intervista del dopo gara, non ha identificato più il suo piano valoriale nell’assoluta vittoria, bensì nell’importanza del percorso che conduce a una meta, qualunque essa sia. Questa “virata di pensiero” filosofica, però, deriva da un mutamento sociale, economico ed ambientale avvenuto negli ultimi decenni, che ha portato all’esacerbazione del mondo lavorativo, nelle condizioni e nelle pretese di produttività, sempre più disumane. Dunque, con la sua posizione Benedetta Pilato ci induce a un "ritorno" alla filosofia, cui segue la legittima domanda, sull'utilità di essa in un mondo volto ad un estenuante consumismo che si estende ad ogni ambito della realtà umana. Personalmente, non ho risposte totalizzanti, però ritengo che la filosofia in questo contesto drammatico per l'umanità per le guerre in corso, possa favorire ad astrarsi dalla frenesia, perlomeno per qualche breve attimo, e a creare un senso critico che permetta di riflettere e di ritornare ad essere padroni del proprio tempo, attraverso la consapevolezza delle proprie scelte.

In tale direzione, l’istruzione tradizionale, fino a poco tempo fa, non garantiva una “scuola di vita” che includesse, in senso concreto e pratico, la Filosofia come discorso intergenerazionale tra esseri umani che vivono lo stesso ambiente. Lentamente, però, questa tendenza sta cambiando, le odierne istituzioni si stanno aprendo ad una maggiore contaminazione tra i diversi ambiti della conoscenza, alla cosiddetta interdisciplinarità, già largamente sviluppata nei vicini Paesi europei a livello accademico e scolastico.

Lo studio della Fisica, non a caso deriva dal greco antico “physis”, ossia Natura. L’osservazione della realtà circostante ci permette di eseguire analisi di vario tipo con una radice comune: lo sguardo critico. Forse, ritornando agli esempi dei più antichi e remoti sapienti, potremmo ritrovare una modernità capace di permettere una conoscenza omnicomprensiva della realtà, che, in fondo, è l’anelito primo della filosofia.


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