Cutro, una strage che richiama responsabilità tecniche e sociali
di Gaetano Errigo

Sono trascorsi due anni dalla strage di Steccato di Cutro, località costiera della provincia di Crotone, dove nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023, a causa di un naufragio, persero la vita almeno 94 persone, migranti provenienti dal nord Africa, tra cui 34 bambini. Una strage ancora rimasta viva nella memoria collettiva grazie anche alcuni sopravvissuti che non mancano di presenziare alle iniziative che periodicamente vengono messe in atto affinché quanto successo non venga dimenticato. Una vicenda tragica non solo per l'enorme perdita di vita umane, ma per gli eventi che fanno da contorno al misfatto e sui quali, presto, si spera venga fatta luce.
Infatti, il 5 marzo, presso il Tribunale di Crotone, avrà inizio un processo a carico di sei militari della Guardia di Finanza e della Capitaneria di Porto accusati di naufragio colposo e omicidio plurimo colposo. Tali accuse deriverebbero dall'ipotesi che i naufraghi potevano essere salvati e che delle responsabilità sul ritardo dei soccorsi stiano alla base dell'ecatombe.
Il processo si rende indispensabile non solo per rendere giustizia alle vittime, ma per ribadire che le vite umane, regolari o meno, quando sono messe a rischio dalle onde del mare, vanno salvate a prescindere, per cui è indispensabile che i protocolli di soccorso devono essere attivati nell'immediato e con efficienza. Alla sbarra compariranno sei militari, ma dovrebbe essere un processo alla società tutta. Quanto accaduto non può essere giudicato esclusivamente quale inerzia dei soccorritori, ma come il frutto di una malattia sociale che anche davanti al pericolo di morte si mette a ragionare se una vita umana è schedata dalle autorità consolari, se la sua razza sia compatibile con le altre o se sia superiore o inferiore, se quella vita umana che cerca aiuto può rappresentare o meno un pericolo per i nostri agi e comodità.
Non si tratta di retorica. Si tratta di realtà. Quando la società e la politica ragionano sulla legalità e la validità di una vita umana, chi ha la responsabilità del soccorso finisce in panico, non sa che cosa fare. Questa non è una giustificazione, ogni vita va salvata al di là di ogni imperativo sociale. Ma se tutti iniziassimo a dare valore alla vita, di tutti, molte cose funzionerebbero meglio, e molte tragedie sarebbero evitate.
Prendiamoci, ognuno, la nostra parte di responsabilità.
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