Cosa si può fare per la casa...
di Pasquale Fedele

Il dibattito che si è aperto su questo sito[1] sull'emergenza (cronica) casa - che per una serie di circostanze casuali ha anticipato il Seminario nazionale "Social forum dell'abitare" in svolgimento a Torino, oggi e domani, venerdì 14 e sabato 15 marzo - ha messo in evidenza un elemento quantomai curioso: la ricerca di un capro espiatorio delle decennali carenze e inadeguatezze burocratiche nella gestione di un bisogno primario per la collettività. Ovviamente, e non poteva essere altrimenti in Italia, gli strali convergono ad incolpare gli enti di gestione di Edilizia pubblica. Operazione che, nella sostanza, tende a tralasciare che la debolezza delle reti di socialità mutualistica sono l'effetto dell'indebolimento dei corpi intermedi, a sua volta derivato da decenni di mancata visione politica e di settore e da una progressiva riduzione delle risorse pubbliche.

Nel gran calderone delle colpe, però, torna a emergere il problema della fascia grigia alla quale la politica nel suo insieme ha dato "non" risposte con il social housing che, come noto, privilegia cooperative edilizie di settore, senza risolvere il problema.
Ora, si tira anche in ballo la questione degli affitti brevi, come panacea di tutti i mali, dimenticando che si tratta di un falso problema. Infatti, stime non recentissime, ma ancora valide, dicono che in attesa di una casa popolare ci sono in Italia oltre 600.000 famiglie. Cioè non una cifra insignificante. Allora, è davvero credibile risolvere il problema, bloccando i piccoli alloggi destinati ad affitti brevi? Peraltro, andando a colpire economie familiari che proprio per una caduta generale del potere d'acquisto magari sfruttano quell'entrata per far quadrare il bilancio familiare? Se si vuole intervenire sul mercato degli affitti si riformi piuttosto la legge sugli affitti nel libero mercato e qui sì che si può pensare di trovare soluzioni per tutelare sia i proprietari, sia coloro che versano in condizioni di fragilità economica.
Duemila alloggi vuoti dell'Atc Piemonte
Proprio perché è vero che "l'emergenza abitativa impone svolte che non possono prescindere da un cambiamento radicale nella gestione degli immobili di proprietà pubblica...", si devono fare cambiamenti a livello nazionale e non locale.
L'impoverimento del tessuto sociale è infatti generalizzato su base nazionale. Pertanto non può essere solo una politica locale a poter trovare le soluzioni per risolvere questo problema. Si provi a pensare di uscire dal paradigma del federalismo per il settore casa come lo si dovrebbe fare anche per altro per il settore sanitario.
Infatti, per esempio, se mancano case da destinare all'edilizia pubblica non si può solo pensare a recuperare gli attuali alloggi che le ATC regionali hanno in manutenzione, ma bisogna pensare a politiche nazionali per destinare alloggi all'edilizia pubblica.
Solo per fare un altro esempio, i circa duemila alloggi vuoti dell'ATC del Piemonte centrale non servono a soddisfare la domanda delle oltre 10.000 famiglie in coda per avere una casa popolare.
Per questo si devono destinare risorse e leggi di concerto con più apparati istituzionali, indico in primis la riconversione di caserme in disuso e di ex siti industriali (previa bonifica). Dopodiché è necessario trovare le risorse per fare la manutenzione degli alloggi già Erp attualmente vuoti. In attesa, appunto, di effettuare interventi inderogabili che sono sospesi proprio perché c'è penuria di risorse, anche per la crescente morosità. Motivo, inoltre, per cui è assai rischioso pensare ad una trasformazione da ente pubblico a ente pubblico economico.
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