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Corso Verona, il Comune di Torino non è più "fermo"

La Porta di Vetro

Ieri mattina, 27 gennaio, il presidio sindacale in corso Verona, dove si formano lunghe code davanti all'Ufficio Immigrazione, persone in attesa di ricevere il permesso di soggiorno, ha dato i suoi primi risultati. Il Comune di Torino ha fatto sentire la sua voce nei confronti del Governo attraverso la Questura per risolvere quelle strozzature burocratiche che rallentano a passo di lumaca il rilascio dei documenti. Tuttavia, in attesa del trasferimento degli uffici al Santo Volto e dell'apertura di una rete di commissariati di quartiere per decentrare il servizio, è doverosa una sottolineatura: le code di corso Verona travalicano il senso dell’emergenza, non fosse altro perché interessano migliaia e migliaia di persone. Numeri importanti, dunque, speculari di un fenomeno che merita e impone un ragionamento che lascia in coda, scusate il gioco di parole, i cavilli di manzoniana memoria. Non è un caso che la Pastorale Migranti di via Cottolengo abbia più volte messo il dito nella piaga delle storture burocratiche, partendo dall'alto, cioè dall'indifferibilità di rinnovare puntualmente ogni sei mesi il permesso di soggiorno, conditio sine qua per chiedere dopo dieci anni la cittadinanza italiana.

Una spada di Damocle sulla testa di ognuno. Infatti, se si lascia scadere il permesso di soggiorno, l'orologio della storia personale di ogni straniero (migrante) in Italia si azzera. Deduzione logica nel caso di corso Verona: se si oltrepassa la frontiera dei bisogni immediati, contingenti, emergenziali nella sua dimensione localistica (peraltro penalizzata dal taglio delle risorse), la palla ritorna nel campo dello Stato, cui spetta l'organizzazione dei servizi e il coordinamento di ogni azione tra Prefetture, Questure, Comuni. Organizzazione e coordinamento che presenta falle e buchi. Da qui, in seconda battuta, gli effetti perversi che vedono lo Stato, a sua volta ostaggio di leggi superate che disciplinano l'immigrazione, latitare nell'essere stato di diritto e rispettoso della dignità umana di migliaia di persone.

Anche se, paradossalmente sono proprio quelle immagini di donne e uomini, in coda per essere autorizzati a un presente con cui costruire un futuro diverso, che autorizzano a sostenere che lo Stato deve cambiare passo, abbandonando leggi anacronistiche, in contrasto con le stesse esigenze economiche e sociali del nostro Paese, la cui società civile mostra quotidianamente di essere più avanti di quanto propagandato da anni senza soluzione di continuità a puri fini elettorali con esiti deprimenti sul piano della conoscenza reale del fenomeno migratorio.

Ora, nel dibattito di ieri pomeriggio sono emerse in Consiglio Comunale le linee di intervento della Giunta di Stefano Lo Russo. Le ha tracciate l'assessore Francesco Tresso e possono essere così riassunte: abbandono in autunno della sede di corso Verona e trasferimento degli uffici in via Val della Torre, in spazi coperti pari a 2.500 mq; nell’immediato è prevista l’apertura di una dozzina di nuovi sportelli nel commissariato della Questura centrale di via Dorè e, nei prossimi giorni, nell’ex commissariato di via Botticelli a Barriera di Milano.

Ancora. Nell'imminente febbraio sono previste altre aperture in Commissariati fuori Torino: Ivrea, Rivoli, Susa, mentre dalla settimana in corso entrano in vigore nuovi orari di apertura in corso Verona: dal lunedì al giovedì, già a partire dal mattino. Nel confronto con la Prefettura, la Città ha chiesto maggiori garanzie per implementare il sistema di prenotazione on-line con ‘Prenota facile’ già in uso presso altre sedi italiane delle Questure. In seconda battuta, al momento del rilascio del titolo di asilo cartaceo si ipotizza di inserire l’appuntamento per il rinnovo dopo sei mesi. Infine, è previsto un protocollo d’intesa tra Anagrafe e Questura per disporre della situazione aggiornata dei rinnovi dei permessi di rinnovo rilasciati.[1]

Forse non sarà il futuro sperato, in attesa che si possa rinnovare in automatico almeno di un anno il permesso di soggiorno per i richiedenti asilo in scadenza. Ma è certamente un segnale concreto che sottrae il Comune e i torinesi all'inazione e all'assuefazione verso situazioni assurde che concorrono a degradare le persone e a svalutarne anche la condizione professionale, il valore che nelle relazioni interpersonali sono state in grado di conquistarsi e la ricchezza che rappresentano per il Paese.

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