Corea del Sud: allarme in Usa
Il segretario di Stato Antony Blinken ha rotto il silenzio che ha contraddistinto ieri la Casa Bianca sulla crisi in Corea del Sud[1] ed ha affermato che gli Stati Uniti continuano ad aspettarsi che "i disaccordi politici siano risolti pacificamente e in conformità con lo stato di diritto". E' quanto riferisce oggi The Korea Times, in relazione al tentativo di svolta autoritaria promossa nella notte di ieri (ora locale) dal presidente sudcoreano Yoon Suk Yeo.[2] Le preoccupazioni per un eventuale vuoto di potere a Seul, aggiunge il quotidiano on line, aumentano in questa fase di "crescenti sfide economiche e di sicurezza attese dal ritorno dell'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla Casa Bianca il mese prossimo". Yoon, infatti, aveva programmato di incontrare Trump già dopo il suo insediamento il 20 gennaio.
Ad aumentare la tensione, il leader del partito d''opposizione DPK, Lee Jae-myung, dopo aver definito la dichiarazione della legge marziale "illegale", ha contestato il ruolo di Yoon annunciando la richiesta di impeachment che dovrà essere presentato entro 72 ore dalla presentazione della mozione alla sessione plenaria, che richiederebbe una maggioranza di due terzi dei 300 membri del parlamento per essere approvata.
Yoon, eletto nel maggio 2022, con un margine ristretto contro il leader del DP Lee, ha dovuto affrontare sfide costanti da parte dei partiti di opposizione e divisioni interne al suo partito conservatore, in parte alimentate dalle polemiche e presunti scandali che coinvolgono la first lady Kim Keon Hee.
La deriva antidemocratica in Corea del Sud non è comunque cosa di ieri. Già lo scorso anno, proprio in questo periodo, le opposizioni denunciavano il comportamento illiberale della presidenza Yoon verso i giornali a lui contrari, oggi di indagini e più volte criticati. Nell'estate del 2023, Lee Dong-kwan, capo della Commissione coreana delle comunicazioni (KCC), nominato dal presidente Yoon, era stato accusato dall’opposizione di essere tra i principali responsabili della crescente stretta sulla libertà di stampa notata sia da molti giornalisti coreani sia da vari osservatori internazionali.[3]
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