"Ciò che mi aspetto da Elly Schlein"
di Beppe Borgogno
Sabato sera, 1 giugno, Elly Schlein sarà a Torino, in Piazza Solferino, per una iniziativa verso le elezioni europee e regionali dell’8 e 9 giugno. Non sono certo più i tempi in cui il passaggio di un segretario nazionale di partito veniva considerato un evento in sé: contemporaneamente sintesi del lavoro sul territorio ed occasione di incontro e di scambio con i quadri e i militanti, e magari anche con la città. La multipolarità e il bombardamento dell’informazione, la sovrapposizione tra reale e virtuale, insieme con la debolezza e gli eccessi di autoreferenzialità della politica hanno trasformato questi appuntamenti, sovente, nell’occasione per rispondere alle cose dette due ore prima da qualche altro leader politico, per prendersi la scena giusto per un quarto d’ora, per fare una veloce doccia, anziché un vero e proprio bagno, di realtà. Tuttavia questi appuntamenti contano, e la segretaria del PD ha dimostrato quanto meno di credere e di voler dare un senso a queste occasioni, certamente più di tanti altri attori della politica italiana. Che cosa si può aspettare, allora, un elettore di sinistra né entusiasta né ottimista, ma attento, da Elly Schlein a Torino?
Intanto che si parli almeno un po’ del tema più importante della prossima scadenza elettorale, cioè dell’Europa, del suo futuro, e di quanto tutto questo riguardi il nostro, di futuro. Fa un certo effetto sentire alcuni leader europei parlare di un possibile e sempre più forte coinvolgimento nella guerra in Ucraina, e vedere che in Italia il dibattito su questo tema occupa uno spazio simile a quello sul recente mini-condono. O ancora, come i futuri impegni italiani per rispettare le nuove direttive europee sul bilancio dello Stato anneghino di fronte alla bizzarra discussione sul redditometro.
Il nostro elettore, un po’ disorientato, ma speranzoso, vorrà trovare qualche spunto che gli permetta di capire che oltre a questo, in Italia, non c’è solo il deserto: che esiste invece un punto di vista, magari non del tutto e sempre condiviso, ma almeno responsabile, su questi grandi argomenti. Che esiste, anche a prescindere dalla pura ricerca del consenso. Al netto della complessità generale con cui ci si misura se si prova a ragionare sul serio di questi argomenti, e delle difficoltà che incontra chiunque diriga il Partito Democratico soprattutto in questo momento, Elly Schlein è certamente tra i leader che hanno dimostrato di avere ben chiara la posta in gioco, e che meno di altri si è piegata all’ondata demagogica che accompagna ormai ogni campagna elettorale. Speriamo dunque che l’avvicinarsi della data fatidica non le faccia cambiare atteggiamento.
In questi giorni, poi, la caccia al voto a qualunque costo si è “arricchita “(per modo di dire) di una nuova variante: l’uso disinvolto, e pianificato, dell’“autoinsulto” (“sono la str...a”) da parte della Presidente del Consiglio, per “bucare” il video e rispondere all’insulto (costruito sul medesimo alto concetto) del Presidente della Regione Campania. L’elettore di sinistra, allibito e preoccupato per il futuro della democrazia, è convinto che, più che acchiappare visibilità e consenso, quelle due esibizioni siano in realtà servite, in ultima analisi, a dare altri due bei ceffoni all’autorevolezza della politica, e magari a convincere qualcun altro a starsene a casa il giorno del voto. Perciò quello stesso elettore di sinistra, tornato speranzoso, vorrebbe che la leader della principale forza della sinistra italiana aiutasse la democrazia e le sue istituzioni a stare a galla anche continuando, come ha dimostrato di essere ben capace a fare, ad usare un linguaggio sobrio e rispettoso degli amici, degli avversari e soprattutto, appunto, delle istituzioni che ognuno rappresenta e che sono un bene di tutti noi.
Lo stesso giorno dell’“autoinsulto”, il Presidente della Repubblica era a Brescia in occasione del cinquantesimo anniversario della strage di Piazza della Loggia. Quello di Sergio Mattarella non è stato un discorso qualunque, di quelli che si fanno alle ricorrenze. Il Presidente ha parlato della saldezza dello Stato nell'aver sconfitto il terrorismo, del coraggio e dell’abnegazione dei suoi servitori, ma anche delle collusioni e di chi tramava contro lo Stato e la democrazia, ed infine dell’ipocrisia di chi non se ne è accorto, nemmeno oggi. E lo ha fatto con l’autorevolezza e la forza che tutti gli riconoscono e che tante volte è stata indispensabile per affrontare diversi recenti e delicati passaggi per il nostro Paese. Da elettore di sinistra dico che l'elettorato di sinistra, certamente non cieco, non potrà che notare la distanza siderale, di stile ma soprattutto di consapevolezza, tra il nostro Presidente della Repubblica e chi vuole limitare i suoi poteri e le sue prerogative, per concentrarli su di sé, attraverso quella che ha definito “la madre di tutte le riforme”. Per questa ragione, passando all'individuo, sono convinto che quello stesso elettore di sinistra, conscio dell’importanza di questo tema, si aspetta che la segretaria del Partito Democratico interpreti quella contro le riforme costituzionali proposte dalla destra (il premierato, come l’autonomia differenziata) come una battaglia da condurre con grande determinazione, tentando di costruire una alleanza grande e profonda con gli italiani, a cui offrire magari, accanto alla difesa della Costituzione, anche una chiara proposta alternativa sul funzionamento delle principali istituzioni dello Stato, ed una altrettanto ampia coalizione politica che sappia battersi in Parlamento e nel Paese.
E il nostro elettore di sinistra molto probabilmente vorrebbe, proprio sabato sera, sentire parole nette ed anche qualche impegno preciso, sul dramma del popolo palestinese, sulla necessità di fermare quella strage, e di ritrovare la strada per una convivenza mai raggiunta, ma sempre più indispensabile.
L’elettore di sinistra, disilluso e almeno in questo caso non ingenuo, non si aspetterà certo che Elly Schlein riesca a cambiare un esito elettorale, quello delle regionali, che appare ormai scontato. Troppe divisioni nel centrosinistra, soprattutto nella sua accezione più vasta, e troppi errori. Davvero troppi, a partire dall’idea che la sconfitta fosse inevitabile, per finire con una campagna elettorale in cui spiccano più le alchimie dialettiche del Presidente uscente che le sacrosante critiche al suo operato deludente. Passando attraverso, non dimentichiamolo, al modo non proprio impeccabile con cui sono state definite alleanze e candidature. L’autoreferenzialità, l’indebolimento mai corretto del rapporto con parti importanti della società piemontese, ed anche i correntismi tossici rischiano così di contribuire a determinare un risultato assai deludente. Persino a Torino, dove la destra non ha mai sfondato. Ma al nostro elettore, arrabbiato ma non rassegnato, basterebbe forse capire, da ciò che ascolterà, che c’è consapevolezza di questi problemi, ed anche la disponibilità, a partire dall’analisi del risultato che verrà, di discuterne e provare a rimediare, cominciando dalla prima ed indispensabile discontinuità: riabituarsi a riconoscere gli errori, pensare che non nascono dal nulla e ad assumersene la responsabilità. Elemento che non guasta, soprattutto in democrazia.
Il nostro elettore di sinistra, che ha quanto meno tutte le caratteristiche con cui qui è stato descritto, conserva anche in sé una certa dose di fiduciosa ingenuità, mescolata con un bel po’ di rigore e voglia di non arrendersi. Non si aspetta certo chissà che cosa, ma crede che ora, prima che sia troppo tardi, qualche segnale, e anche piuttosto chiaro, sia indispensabile. Perciò sabato sera farà un salto a sentire ciò che Elly Schlein dirà ai torinesi. Si, credo proprio che farò così.
Comments