Celebrazioni Nato e soldi italiani
Aggiornamento: 20 lug
di Michele Corrado*
Celebrando i 75 anni dell’Alleanza Atlantica a Washington, i 32 componenti hanno preso alcune decisioni che avranno importanti ricadute anche a livello nazionale. Premesso che la Nato è un “prodotto” americano, realizzato fondamentalmente per la sua sicurezza, va anche ricordato che loro sono i maggiori contribuenti per fondi dedicati e truppe impiegate. In altri termini, esiste dal 1949 perché esistono gli Usa e perché hanno deciso che dovesse esistere per tutta una serie di ragioni che a grandi linee si conoscono e non è questa la sede per ritornarci sopra.
Per quanto riguarda l'Italia, figura fra gli alleati più determinati degli americani per due ragioni essenziali assicurate dal governo Meloni:
- il sostegno indiscusso all’Ucraina;
- il raggiungimento del due per cento del Pil, quale soglia minima di contribuzione.
Da questi due fondamentali pilastri, che possono apparire pressoché ovvi data la situazione contingente, nascondono invece obblighi che sfuggono ai più.
Nel particolare, sostenere incondizionatamente il Governo ucraino significa continuare ed incrementare le nostre forniture militari alle Forze Armate di quel Paese, almeno fino a quando gli americani lo chiederanno. Questo sostegno, nel lungo periodo (anni), determinerà una riconversione e un potenziamento della nostra industria della Difesa in completa controtendenza alla strategia industriale degli ultimi decenni. Tale disegno dovrà portare ad un duplice risultato: sostenere le Forze ucraine e ripianare al rialzo le nostre scorte militari ed i sistemi d’arma ceduti agli ucraini.
Va poi aggiunto, che la progressione tecnologica che sta registrando nel conflitto, si pensi soltanto ad esempio all’uso dei droni ed alle relative contromisure elettroniche, sta già determinando nuovi spazi di ricerca ai quali non ci si potrà sottrarre dal partecipare.
Vi è poi la questione del due per cento del Pil che rappresenta un limite minimo e simbolico nei confronti del quale ci stiamo negando con ogni artificio già da molti anni, ma dal quale ora non si potrà più derogare (pare che l'Italia sia al 1,6 per cento). Questo minimo livello di contribuzione va tradotto in un certo numero di miliardi di euro che dovranno in ogni caso essere destinati alla Nato (e tolti da altri settori).
Nella pratica, si dovrà passare alla rivitalizzazione di un comparto, quello della Difesa, che è stato compresso per decenni, insieme alla ristrutturazione sempre riduttiva delle Forze Armate. Un impegno reale e continuo (non di facciata, come avvenuto per molti anni), che dovrà passare per forza per una comprensione da parte dell’opinione pubblica di un aspetto fondante di un qualunque Paese che non debba dipendere in maniera totalmente subordinata da una Grande Potenza (gli americani).
Questi, hanno deciso che gli Stati membri dell’Alleanza debbano contribuire maggiormente al suo funzionamento e quindi alla sua credibilità. Ed essendo l’Italia uno dei pochi paesi con capacità produttive belliche di alto livello, non può sottrarsi a questo ruolo che altri non possono ricoprire.
I nuovi equilibri europei, nella pratica la scoperta di un nuovo “nemico”, che rivitalizza il ruolo della Nato, ci fa tornare ai tempi della Guerra Fredda dove il Teatro europeo era quello di riferimento e tutto ruotava intorno agli equilibri Stati Uniti-Unione Sovietica.
Oggi i russi sono allo ricerca e realizzazione di una nuova identità nazionale che come sempre è avvenuto nel loro passato, passa per eventi militari.
Al momento, noi non possiamo esimerci dal partecipare a questa nuova fase storica, immediata, per il tramite obbligatorio dei desiderata americani.
Sarebbe auspicabile spiegare ai più come e perché ci siamo ritrovati in questa situazione, visto che la partecipazione finanziaria, non irrilevante, toccherà le tasche degli italiani, in modo diretto o indiretto.
*Col. (aus.) Esercito Italiano
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