Berlusconi e le donne in politica: quella verità che viene omessa
di Amelia Andreasi Bassi
In queste ore in Italia c’è un popolo che piange e uno che ripercorre criticamente la storia degli ultimi 40 anni del Paese. Ed è una riflessione sugli eventi torbidi e deleteri che l’hanno caratterizzata. Morale: difficilmente si può piangere all'unisono per la morte del suo protagonista, Silvio Berlusconi. Ne consegue che anche il lutto nazionale sia sopra le righe o, comunque, non rappresenti il sentire comune degli italiani tutti. Berlusconi non ha mai unito, ma per decenni ha significato contrapposizione, contrasto, divisione, epurazioni (in Rai), proprio e anche giocando sull'empatia di cui è stato enormemente provvisto. E lo ha fatto anche nel rapporto con il genere femminile.
Infatti, in questa parte di Italia che non vuole dimenticare ci sono anche moltissime donne, arrivate a non poter più nemmeno ascoltare la folla di rappresentanti politici e di giornalisti, che nel ricordare la figura del fondatore di Forza Italia e padrone del più potente network privato omette di descrivere le origini e gli strumenti usati per la sua scalata al potere, le derive culturali introdotte nella vita delle famiglie attraverso le sue televisioni commerciali, le pratiche corruttive portate fino in Parlamento, le ingiustizie prodotte dalle sue leggi ad personam a cominciare da quella preordinata dall'allora segretario del Partito socialista italiano Bettino Craxi per la conquista dell’etere, per non parlare dei danni, ancora perduranti, fatti all’universo femminile.
A questo proposito, non può che produrre una reazione di fastidio, profondo fastidio, l’affermazione di chi ha sostenuto che Silvio Berlusconi “ha promosso le donne in politica”. Frase che fa il paio con quella ascoltata ieri sera, su La7, durante il programma "Di martedì" condotto da Giovanni Floris, in cui un ospite, magnificandone le qualità ha chiesto enfaticamente se tutte quelle donne "promosse" fossero, per usare una comprensibile locuzione, "tutte al suo servizio".
Ora, credo che non sia neppure eccessivo provare un senso di ribellione per la sproporzione tra il vero e l’illusorio che diffonde quella narrazione, nutrita dall'illusione che si vuole contrabbandare come vero e il vero che tirate le somme è soltanto illusione, come il famoso "contratto con gli italiani". Vero ed illusorio, cioè le due facce della stessa medaglia con cui Berlusconi ha sedotto - e non uso a caso il verbo - una parte del Paese che di illusioni vive, soprattutto nell'eterna speranza che arrivi sempre "l'uomo della provvidenza" a risolvere qualunque problema, anche a costo di piegare il codice penale, la morale, l'etica, anche a costo di minare la convivenza civile e ridurre gli spazi di democrazia, quella reale, sostanziale, autentica, che si rifà alla Costituzione, non certo quella che promuove e garantisce l'illegalità per principio non scritto.
Allora, ritornando all'universo femminile, ci si chiede come sia possibile pensare che la candidatura di donne nelle sue liste elettorali fosse pensata al di fuori del quadro culturale su cui egli aveva fondato e condotto tutta la sua esistenza. Nato come costruttore edile, ha fondato quartieri intorno al centro commerciale per meglio affermare la sua visione della vita basata sul consumo; cresciuto come venditore di pubblicità per meglio sostenere la centralità del denaro, scopo primario e ultimo di quella stessa vita gaudente a cui, per primo, non ha mai derogato; infine, in politica, la sua famosa "discesa in campo" per proteggere sé stesso e potenziare, da buon illusionista sempre sul filo tra il lecito e l’illecito, i suoi affari. Dunque, com’è possibile, ci si chiede, anche solo ipotizzare che ha promosso "le donne in politica"?
Avendolo osservato per più di quarant’anni usare, senza alcuna eccezione, le leggi, le istituzioni, la politica e l’informazione al fine di accrescere il proprio potere economico, possiamo ben dedurre che egli non potesse adottare un diverso registro culturale e valoriale rispetto al rapporto con le persone.
D’altronde non è difficile, anche guardando a questi ultimi mesi, rintracciare nella repentina conclusione di carriere politiche femminili la conferma di questa strumentalità funzionale al raggiungimento delle sue aspirazioni materiali e politiche, sostantivi che nel lessico berlusconiano non possono essere disgiunti.
In politica, come in ogni altra dimensione della vita, collettiva o privata che sia, le donne promuovono sé stesse attraverso la consapevolezza del proprio valore, con lo studio, la fatica, la disciplina, la tenacia, l’indipendenza, la capacità critica, la cooperazione con le altre e gli altri e con la lotta.
Ogni altro tipo di “promozione” è ben difficile che possa tornare vantaggiosa per le donne tanto più in una cultura patriarcale e maschilista come riconosciamo essere quella in cui è ancora immerso il nostro Paese anche, e forse soprattutto, grazie a Silvio Berlusconi e al suo impero mediatico, e che gli abbiamo visto ben interpretare in prima persona e per lungo tempo.
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