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Dunia Astrologo

Ballando con Stellantis in cassa integrazione, in attesa del "Milione" di auto all'anno...

di Dunia Astrologo


Nel pomeriggio di oggi, 19 dicembre, alle alle 17.30, promossa dai Comuni di Collegno e di Grugliasco, dai sindacati di categoria Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil, una fiaccolata con partenza da corso Fratelli Cervi a Collegno porterà all'attenzione la drammatica situazione occupazionale che vivono le lavoratrici e i lavoratori della Lear (Grugliasco) e Te Connectivity (Collegno). L'iniziativa raccoglie le adesioni di comuni limitrofi e dell'Ufficio pastorale e del Lavoro della Diocesi torinese insieme con le parrocchie del territorio. In particolare, la crisi di Lear, azienda che rischia il taglio di 300 su 420 dipendenti, riverbera il disimpegno di Stellantis, il gruppo franco-statunitense-italiano dell'auto a trazione francese che di giorno in giorno sta smantellando la struttura dell'automotive. Sulle scelte di Stellantis e i proclami velleitari del governo, una riflessione di Dunia Astrologo.


Ve lo ricordate il signor Bonaventura, quello che sventolava un foglio su cui era scritta la cifra favolosa di  un milione (di vecchie lire, suppongo) offerta a chi avesse fatto qualche azione commendevole o risolto un grosso problema? Be’, non so come mai ma, a leggere i proclami del ministro Adolfo Urso e del CEO di Stellantis, il portoghese Carlos Tavares, dopo l’apertura il 6 dicembre (era ora, dopo mesi di rinvii) del Tavolo per lo Sviluppo dell’Automotive, ho sentito risuonare nella mia testa la vocina di me stessa da bambina, quando leggevo il Corrierino dei Piccoli “Un milione? davvero un Milione?”. Già, anche se in questo caso si tratta di un milione di vetture, l’effetto è un po’ quello: Un milione? Davvero un milione? Ma ce la farà il nostro eroe? E si tratta di automobili o di vetture in generale, si chiederanno i miei piccoli lettori? E tante altre domande ci dovremmo porre ancora, infatti, prima di entusiasmarci.

Con ogni probabilità, visto che oggi di automobili in Italia Stellantis ne produce circa 470.000 e di veicoli commerciali circa 350.000, l’idea della Corporate è di mettere insieme i due tipi di prodotto per giungere con un po’ di sforzo a quella cifra, con buona pace del Ministro, che abbozza, fingendo di aver capito che invece si tratta solo di automobili. I sindacati invece rimangono scettici.


A quando gli investimenti sugli stabilimenti italiani?

Ma esaminiamo un po’ la situazione e chiediamoci: alle condizioni attuali cosa occorrerebbe per almeno raddoppiare la produzione di auto? A grandi linee di almeno tre macro azioni:

-          più investimenti sugli stabilimenti italiani

-         produrre tutte le auto della gamma ex Fiat in Italia invece che in Serbia o altrove per poi reimportarle in Italia

-        incentivi per l’acquisto di auto elettriche con il contorno di tutti i supporti necessari alla loro diffusione, che ha da essere operativa nel giro di poco più di un decennio (stazioni di ricarica, sistemi di smaltimento,  ecc. ecc.)

E, naturalmente, fare in modo che le auto prodotte nel Bel Paese siano non solo carine, ma anche competitive e in grado di contendere spazi di mercato alle cugine europee e soprattutto alle asiatiche. Si tratta comunque di spazi piuttosto stretti, visto che la Cina da sola copre un terzo della produzione mondiale di autovetture. In Europa poi, dove il primo produttore resta la Germania, con 3,5 milioni di pezzi, l’Italia si trova a metà classifica, tra Romania e Ungheria. Ma il problema non è tanto quello del posto in classifica, quanto quello della riduzione progressiva della nostra capacità produttiva, passata dalle 1.422.284 auto dell’anno 2000[1] alle 473.194 di oggi.

Certo il mercato delle auto non è più quello del secolo scorso: la globalizzazione prima e le trasformazioni tecnologiche poi hanno cambiato notevolmente lo scenario. E infatti mentre da un lato i player  più importanti hanno frammentato e poi decentrato la produzione, realizzando reti mondiali di produttori di parti/ componentisti/assemblatori, dall’altro si trovano oggi a fronteggiare il passaggio obbligato della profonda trasformazione che porterà al superamento generalizzato dei motori endotermici a favore di quelli elettrici, e poi -chissà- a quelli a idrogeno o ad altri tipi di propellenti ecosostenibili.

Ed è proprio questo secondo corno del problema quello che deve preoccuparci di più, per il futuro dell’automotive nel nostro paese. Perché mentre il mercato mondiale si sta adeguando molto rapidamente a questo nuovo standard tecnologico, le differenze tra i player sono notevoli e in questo campo gli stabilimenti italiani dell’ex FCA sembra siano piuttosto indietro.


Le mani dell'Impero celeste sui mercati

Il problema riguarda certamente tutta l’Europa, dove, a differenza di ciò che accade in Cina, anche qui leader indiscussa della produzione e delle vendite di auto elettriche (la metà di tutte le auto elettriche a livello mondiale),  nessuno dei paesi in campo  domina l’intera filiera, dall’estrazione delle materie prime necessarie per produrre le batterie fino alla fase finale  dello smaltimento e al riciclo[2].

La situazione in Italia non è per niente brillante. Mentre Stellantis riduceva via via la produzione, mettendo in cassa integrazione migliaia di lavoratori, incentivando 15.000 uscite anticipate (con poco successo, peraltro, ma è il gesto ad essere significativo) e stressando i lavoratori e spostandoli da uno stabilimento all’altro, come sulle navi di re Franceschiello (quello delle Due Sicilie), tra Melfi e Pomigliano o altrove[3], per sostenere le punte di produzione dove ce n’è, i nostri Governi tacevano o facevano vuoti proclami. Mentre in patria, cioè in Francia, Stellantis aumentava i salari dei suoi dipendenti – già ben più alti dei nostri- del 5% lo scorso anno, con in aggiunta un bonus di circa 5000€, e triplicava la produzione rispetto all’Italia; mentre negli USA dopo un duro sciopero della UAW, gli stipendi aumentavano del 67% (avete letto bene), in Italia gli accordi sindacali sono all’insegna del meno peggio: un aumento complessivo in due anni dell’11% su retribuzioni rimaste al palo e di gran lunga al di sotto della media europea, e un bonus di nemmeno 1500€.

Nell’assenza di qualsiasi intervento concreto di politica industriale, la nostra principale industria manifatturiera parrebbe quasi a rischio di estinzione, se non che Stellantis si è impegnata in un piano industriale, Dare forward 2030, molto ambizioso, da accettare comunque con riserva, dato lo spreco di promesse non mantenute, di cui sono noti i precedenti ai tempi di Sergio Marchionne...

Il piano punta in modo massiccio sul futuro green della Corporate. Per quanto riguarda il presente Stellantis ha per ora in produzione, o in programma a breve, tre vetture full electric: la 500e che si produce a Mirafiori, la Panda, che però viene costruita in Serbia, la 600e dagli stabilimenti di Tichy in Polonia. Altri due modelli, uno Alfa e uno Maserati sono previsti in tempi più lunghi.

Si sta attrezzando, è vero, con la costruzione della gigafactory a Termoli, con l’impianto per la produzione dei cambi per trazione elettrica a Mirafiori e con la realizzazione a Melfi, prevista per il 2024 della innovativa piattaforma STLA Medium. Si tratta di una struttura flessibile sulla cui base sarà possibile per Stellantis produrre berline, crossover e SUV di diversi brand nei segmenti C e D[4]. In particolare è previsto che a Melfi, su quella piattaforma, verranno realizzate tra fine ’24 e fine ’26 quattro vetture: la prima, una DS avrà già una versione pilota a breve, poi sarà la volta di una Jeep e di un’altra DS; successivamente saranno lanciate una Lancia e una Opel.


L'incognita del voto europeo

Come si vede c’è movimento, ma non abbastanza da far pensare a un rilancio in grande stile della produzione globale, elettrica e non, di Stellantis in Italia. E lo si può anche dedurre dalle parole stesse di Davide Mele, responsabile Corporate Affairs Italia, che al ministro Urso ha fatto capire che senza la cancellazione della normativa Euro 7, per continuare la produzione di modelli accessibili in Italia, ma anche - un po’ contraddittoriamente - senza incentivi mirati alla produzione green, ovvero cessando di offrirne a chi acquista auto a trazione endogena come si è fatto fin qui, tra l’altro favorendo in modo massiccio l’acquisto di auto NOT made in Italy, sarà un po’ difficile far decollare la produzione di auto elettriche italiane, che comunque rappresenteranno  la parte più avanzata della produzione di auto per il futuro. Quindi i 6 miliardi messi sul tappeto dal Governo dovranno servire anche a creare e garantire le infrastrutture per l’elettrificazione dell’automotive: si parla delle stazioni di autoricarica pubbliche e degli analoghi impianti privati. Ma è necessario anche supportare la ricerca, aumentare e addirittura costruire le competenze necessarie a dare impulso al settore, sostenendo complessivamente tutta la filiera compresa la componentistica.

Che per Stellantis questi passaggi siano fondamentali non solo qui, in Italia, ma in tutta Europa, Tavares l’ha detto a chiare lettere durante la quindicesima Goldman Sachs Annual Industrials and Autos Week di Londra, il 6 dicembre scorso, manifestando la sua preoccupazione per l’esito delle prossime elezioni europee: “Il voto in Europa potrebbe produrre sia un’accelerazione, sia un rallentamento della domanda di veicoli elettrici a seconda dei risultati – ha detto Tavares entrando in pieno nel dibattito politico. – E in caso di rallentamento nella transizione il settore potrebbe sperimentare ostacoli sulla strada, perché gli investimenti  darebbero poco frutto[5]. Ovvero: se vinceranno i sovranisti, tendenzialmente ecoscettici, il futuro tutto green dell’automotive, auspicato da Stellantis, sarebbe in pericolo. E anche peggio andrebbe se oltretutto negli USA vincesse le elezioni un bel tipo di repubblicano come Trump. Cosa che fa dire a qualcuno che Tavares si è addirittura lanciato in un endorsement per la sinistra[6].

Mi sembra esagerato, ma se così fosse, essendo in vena di citazioni del passato, mi vien da dire che l’automotive del futuro è il comunismo più l’elettrificazione!

 

 

Note  

[6] ibidem

 

 

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