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Lo Sciacallo

Apologia della guerra

Aggiornamento: 11 ago

Lo Sciacallo


"Porteremo la guerra in Russia" ha dichiarato il presidente dell'Ucraina Zelensky, giustamente e moralmente rinvigorito dall'avanzata delle sue truppe in territorio nemico, e dal terrore restituito alla popolazione civile russa in una spietata logica del contrappasso. Del resto, messi a bilancio, gli ultimi giorni di guerra hanno dimostrato che Zelensky è un altro uomo di Stato rispetto al passato in cui non c'era giorno che annunciasse o proclamasse una controffensiva, un'iniziativa o un'azione militare propedeutica alla conquista di Mosca e alla cacciata di Putin. Insomma, Zelensky ha imparato la lezione e ha parlato con i fatti e soltanto a cose fatte ha fatto seguire le parole, peraltro più rivolte all'Occidente con la rinnovata richiesta di togliere i limiti all’uso delle loro armi contro la Russia. Esattamente un mese fa, durante il summit per il 75° anniversario dell'Alleanza Atlantica aveva affermato: «Se vogliamo vincere, se vogliamo prevalere, per salvare il nostro Paese e difenderlo, dobbiamo eliminare tutte le limitazioni».

E oggi si è ripetuto, forte dello schiaffo inferto alla Federazione Russa colpita con efficacia nell'area di Kursk. L'intenzione dichiarata urbi et orbi è quella di destabilizzarla. Ma non soltanto. Appare più evidente dalla strategia in atto che Kiev abbia voluto umiliare Mosca infliggendole anche un'offesa storica, perché proprio a Kursk, nel luglio del 1943, si svolse una delle più grandi battaglie di mezzi pesanti tra l'Unione Sovietica e la Germania nazista, scontro tra titani che si risolve a favore dei primi. Per quella vittoria, l'Armata Rossa pagò un prezzo esorbitante di carri armati e di uomini, ma da quel momento riprese il comando delle operazioni sul fronte orientale.

Ma la situazione ora è diversa ed è tutta a vantaggio di Zelensky che a differenza sia di Napoleone, sia di Hitler, ha in mano l'Occidente. Tra l'altro, se proprio vogliamo cavillare, il nemico si chiama Russia e non Unione Sovietica, e al potere c'è l'autocrate Putin, che al confronto del dittatore Stalin è più o meno della stazza di un agnellino.

Insomma, se il calcolo di Zelensky è quello di favorire la cacciata dello zar che regna al Cremlino le probabilità di riuscirci sono elevate. Certo, si tratta di vedere poi chi lo sostituisce. Perché se dovesse arrivare uno con i baffi, anzi con i baffoni, allora la domanda che sorge spontanea e a chi l'Occidente dovrà mandare il conto dei danni. Ma con o senza limitazioni?

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