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Rocco Artifoni

Ancona, deviazione di soccorso da incubo

di Rocco Artifoni


Ho sognato che stavo nuotando nel mare siciliano davanti alla spiaggia di Menfi e che mi sono sentito male. A fatica, rischiando di annegare, sono tornato a riva. Qualcuno ha chiamato i soccorsi. È arrivata un’ambulanza per portarmi all’ospedale. Il tempo passava e l'ambulanza però continuava a procedere. Ad un certo punto chiedo all’infermiere quanto manca alla destinazione. Mi risponde che, purtroppo, dalla centrale operativa sono arrivate precise disposizioni: non possiamo andare nell’ospedale più vicino (che sarebbe a Sciacca). Anzi, dobbiamo andare in un ospedale dall’altra parte dell’isola. Incredulo, chiedo: a Catania, a Taormina o a Messina? Risposta: a Reggio Calabria!

Mentre cerco di mettere ordine nella confusione delle informazioni ricevute, l’ambulanza si ferma. Penso: mi hanno fatto uno scherzo, finalmente siamo arrivati. Invece scopro che la macchina si è fermata perché la strada è bloccata da un incidente. E c’è una persona in gravi condizioni.

Io nel frattempo mi sono ripreso e capisco che posso anche fare a meno dell’ambulanza. All’infermiere comunico che sto abbastanza bene e che posso stare seduto. Di conseguenza potrebbero soccorrere e caricare la persona che ha subito l’incidente. L’autista mi dice che non è possibile intervenire: una recente norma impedisce altri interventi finché la prima persona soccorsa non è arrivata alla destinazione stabilita.

Mi sembra assurdo, ma l’equipaggio dell’ambulanza non può intervenire e appena la strada viene sgomberata dai mezzi incidentati, il viaggio riprende. Dopo qualche ora arriviamo a Messina e ci imbarchiamo sul battello per Reggio Calabria. Il mare è molto mosso e – inevitabilmente – mi assalgono conati di vomito. Arrivati infine all’ospedale di Reggio Calabria, mi trattengono in osservazione nel Pronto soccorso, a causa del mal di stomaco, quasi dimenticando che alcune ore prima avevo rischiato di annegare. A quel punto mi sveglio e – con sollievo – mi rendo conto che si è trattato di un incubo.

Accendo la radio e sento la notizia: due navi che hanno imbarcato alcuni migranti in difficoltà nel canale di Sicilia devono fare rotta verso il porto di Ancona, senza fermarsi eventualmente per altri interventi di soccorso. Non è possibile, penso. Stavolta non mi faccio fregare: è un incubo dentro l’incubo. Sto ancora sognando. Allora provo a darmi un pizzicotto, a sciacquarmi la faccia, a far suonare una sveglia. Niente da fare. Stavolta è tutto vero. La realtà ha superato ampiamente il prodotto dalla mente: un incubo disumano.

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