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Alla ricerca di chi difenderà l’Occidente e i suoi valori

Emanuele Davide Ruffino e Germana Zollesi

di Emanuele Davide Ruffino e Germana Zollesi



L’Occidente non è solo un’espressione geopolitica, ma un insieme di valori che hanno permesso di realizzare una delle più avanzate forme di civiltà, dove per milioni di persone sono stati riconosciuti diritti e possibilità di crescita sociale, culturale ed economica. A garantire questo sistema, seppur errori, sono stati per decenni gli USA: ora, però, l’elettorato di quel Paese ha espresso un fastidio nel dover contribuire a ogni tipo di spesa ed essere costantemente insultata dagli stessi alleati. Si pone, di conseguenza, la necessità, per ognuno di noi che è nato nella parte fortunata del mondo, di chiedersi se e chi vorrà ancora difendere, nei fatti e non a parole, l’Occidente democratico e liberale.

 

Assenza di vision

La nostra società fatica a comprendere e ad accettare il nuovo scenario che sembra riportare le lancette della storia alla Guerra Fredda se non anche a Napoleone (e non si offenda Macron), ed ancor più si rimane interdetti per la non comunanza di intenti in quanto gli opinion leader sono più impegnati a cercare una motivazione per giustificare la loro esistenza, che non ad elaborare visioni generali sul futuro. In questa logica, l'Italia è particolarmente svantaggiata, in quanto non sono praticamente più presenti le ideologie che hanno caratterizzato lo scontro politico della Prima Repubblica, ma al loro posto sono nate formazioni in continuo contrasto, spesso senza un substrato di valori e una comunanza gnoseologica che permetta di affrontare i problemi in modo razionale e non sull’onda emotiva.

La mancanza di una vision prospettica porta ad una rincorsa delle polemiche quotidiane dove si fatica a capire le posizioni dei singoli attori, specie ora che il ciclone Trump sta sparigliando le carte: i pacifisti si trovano alleati con il tycoon, Musk, l’uomo più ricco del mondo, fa affondare le borse (ammesso che non siano subdole manovre per favorire speculazioni), l’incapacità o l’impossibilità di attuare politiche sull’immigrazione, le posizioni contraddittorie sullo Stato di Israele accusati di comportarsi da nazista. Una confusione che traspare anche all’interno dei singoli partiti/coalizioni italiani e per questo diventa indispensabile chiedersi chi vuole prendersi carico della difesa dei valori dell’Occidente, differenziandosi da chi ne vuole continuare a fruire dei benefici, ma non è disposto ad alcun sacrificio. Se siamo amanti della libertà dobbiamo innanzi tutto difenderla dai lacci e lacciuoli che i burocrati la relegano sempre più nell’oscurità di qualche circolo culturale o in qualche biblioteca, e poi dobbiamo avere la forza di liberarla dai pericoli militari che le manovre congiunte russo-cinesi-iraniani, denominate 'Security Bond 2025' in essere in questi giorni, lasciano un dubbio sulla sopravvivenza della libertà per molti popoli, nella quasi indifferenza dell’opinione pubblica e dei mass media.


USA troppo criticati, ma troppo indispensabili

Per anni le manifestazioni antiamericane e pacifiste di facciata si sono succedute in varie parti del mondo occidentale, finché qualcuno ha approfittato di questa situazione per raccogliere consensi tra i contribuenti americani un po’ irritati per dover pagare un sistema che li insulta e li contesta in ogni occasione. Gli storici sono chiamati ad analizzare gli errori commessi (da tutti, USA compresi, ma senza peccato non sembrano essere in molti), mentre i politici dovrebbero essere chiamati ad affrontare i problemi che la nuova realtà propone, dalla presenza delle truppe nord coreane a poche migliaia di chilometri da noi (problema sentitissimo in nazioni di sicura tradizione democratica e neutralista come Finlandia e Svezia, meno in quei Paesi che davano per scontato l’ombrello della Nato) o dalla guerra dei dazi, dove anziché ragionare su accrescere il livello di reciprocità tra i Paesi ad economia avanzata (per i Paesi in via di Sviluppo è indispensabile mantenere dazi a loro favorevoli per non soffocare le loro possibilità di crescita e offrire un futuro a quelle popolazioni prevenendo così nuove ondate migratorie) ci si arrovella per capire quali danni devono sopportare chi li emette.

In ogni Paese, USA e Italia comprese, l’introduzione di dazi avvantaggia l’industria nazionale, ma chi ottiene vantaggi tende a tacere, mentre chi ne è svantaggiato tende a protestare con veemenza, con il rischio di dissimulare la realtà, mentre vengono scoraggiate le importazioni da altri paesi. In forza di questa logica si spiegano i dazi imposti dall’Italia e dall’Europa alle auto cinesi che, oltre alle loro capacità di produrre a minor costo, fruiscono di copiosi contributi elargiti dallo Stato cinese alle sue imprese, ma noi italiani, con i contributi concessi per decenni all’Alitalia, e non solo, non possiamo più di tanto gridare allo scandalo.

Contropartita dei vantaggi alle imprese locali (e la tutela dei relativi posti di lavoro) è un aumento dei prezzi dovuta ad una minore concorrenza e una conseguente crescita di inflazione: ciò però rischia di generare un cortocircuito perché per sostenere l’industria locale bisognerebbe abbassare i tassi di interessi, mentre per contrastare l’inflazione bisognerebbe aumentarli (e l’incertezza della BCE, chiamata a risolvere problemi non propriamente suoi, in quanto non tutto si può ricondurre alle politiche monetarie, ne è la plastica rappresentazione). La soluzione oggi maggiormente perseguita tra le forze politiche è criticare la posizione assunta dall’avversario, sia interno che internazionale (ma creare “insultifici” e bruciare le foto dei presunti nemici non rappresenta il concetto aristotelico della politica, quale scienza pratica volta a studiare e definire il comportamento collettivo (“Ogni stato è una comunità e tutte le comunità si formano in vista di un bene” … Il bene comune è il punto di convergenza e di collegamento dei rapporti che costituiscono la società”).

 

Archimede e il rispetto dei simboli

Gli ultimi momenti di vita di Archimede furono trascorsi disegnando figure matematiche sulla sabbia e, si narra, le sue ultime parole furono: "Non calpestare i simboli!". Di eredi di Archimede nella società odierna se ne vedono pochi, ma sono in costante crescita chi fa del calpestare i simboli una ragion d’essere. Lasciamo agli psichiatri e psicoanalisti spiegare la soddisfazione che si realizza nel bruciare un simbolo altrui (il problema è che dopo aver bruciato i simboli, si bruciano anche i libri) e concentriamoci su come realizzare una maggior conoscenza dei fenomeni che ci circondano.

La morte di Archimede, per mano di un legionario romano, ha segnato un cambiamento significativo nel mondo mediterraneo: i Romani pratici e tecnici, che non avevano l'amore dei Greci per la scienza astratta, sostituirono gli Elleni come leader del mondo conosciuto. Pensare che la difesa dei valori occidentali non sia un dovere per concentrarsi su come finanziare una determinato categoria (se non proprio una determinata cooperativa o impresa amica) porta a parteggiare per il pragmatismo dell’Urbe (e non si può dimenticare che fu Sparta a vincere su Atene) rimane il fatto che il nostro mondo è fatto di libertà e senza non sapremmo vivere e per questo è nostro dovere difenderlo con priorità assoluta, a cominciare dai simboli per ricostruire un’identità che si è andata a perdere in questi ultimi anni, annacquando anche la democrazia.

 

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