8O anni dal Codice di Camaldoli: idee forti in un'Italia piegata dalla guerra e dal fascismo
di Luca Rolandi
Si apre alle oggi, venerdì 7 luglio, al Polo del '900 per iniziativa della Fondazione Donat-Cattin una giornata dedicata agli 80 anni del Codice di Camandoli, passaggio fondamentale della pre-Resistenza italiana ispirato dalle forze intellettuali cattoliche in un contesto di avanzata crisi del regime fascista.
Ottanta anni dopo perché ritornare sul Codice di Camaldoli. Crediamo sia necessario farlo primo per una dimensione di ricerca storica indispensabile per capire il presente, guardando al passato e provando a prefigurare il futuro, secondo perché in un’epoca di disorientamento e di abbassamento delle difese immunitarie democratiche e di pensieri debolissimi ed effimeri il ritorno alle radici delle idee fondative alla base del patto costituzionale, figlio della Resistenza e dell’opposizione al ventennio fascista sia non un esercizio accademico ma una necessità storica.
Il codice nasce da un’iniziativa di un gruppo di intellettuali cattolici Giuseppe Capograssi, Ludovico Montini, Gesualdo Nosengo, Sergio Paronetto, Pasquale Saraceno ed Ezio Vanoni. Essi si avvalsero della competenza e della consulenza di due teologi: mons. Emilio Guano, vice assistente del Movimento Laureati di Azione Cattolica, e padre. Ulpiano López, gesuita e docente presso l’Università Gregoriana di Roma. I lavori furono seguiti da mons. Bernareggi, vescovo di Bergamo ed assistente generale del Movimento Laureati, fino a quando le comunicazioni furono possibili, e da mons. Montini già assistente della Fuci e sostituto presso la Segreteria di Stato Vaticana.
Sulle pendici del Casentino tra i padri eredi della tradizione benedettina di San Romualdo l’intento dei laici e religiosi era quello di offrire una più compiuta e moderna elaborazione dei principi fondamentali della dottrina sociale cristiana. Un’idea che si concretizza in un convegno a Camaldoli, in provincia di Arezzo, dal 18 al 24 luglio 1943. Da questo convegno, svolto tra i drammatici eventi della seconda guerra mondiale e all’immediata vigilia di cruciali cambiamenti (il 25 luglio cadrà il governo Mussolini), comincerà una lunga e difficile fase di elaborazione che si concluderà solo nell’aprile del 1945. Iniziava in un tempo incerto al quale nessuno avrebbe potuto anticipare gli esiti.
Contestualizzandolo storicamente nel suo tempo il Codice di Camaldoli ha offerto una proposta anzitutto etica, che aveva la forza di basarsi su un’ispirazione, una visione di democrazia, intorno a una serie di valori condivisi. Si trattava di un gruppo di persone legate tra loro da stima e da fiducia, con l’obiettivo di pensare insieme «uno dei sistemi rispondenti al pensiero sociale della Chiesa, non “il” sistema». Poi, ulteriore punto di forza, è stato quello dell’autonomia del gruppo dalla politica partitica.
I redattori del Codice sottolineano che la dignità della persona, come essere relazionale, oltre ad aver bisogno per esprimersi di una società e di essere tutelata da uno Stato, deve coscientizzare la bontà della norma e, per favorire il bene comune, può addirittura obiettare per «limitazioni e rinuncia» (n. 12) davanti a disposizioni precise. La libertà di coscienza era già nel 1943 «un’esigenza da tutelare fino all’estremo limite della compatibilità col bene comune» (n. 13).
Nella parte dedicata al «campo politico» si sottolinea come i cittadini non siano sudditi ma per esserlo debbano «perseguire il proprio interesse tenendo conto delle esigenze superiori del bene comune» a tal punto che il Codice prevede anche il dono della vita, valore assoluto per il Vangelo, in favore degli altri consociati: «I singoli sono tenuti a sacrificare se stessi anche fino a rimettervi la propria terrena esistenza, quando fosse necessario per il bene generale della comunità» (n. 25).
Sui rapporti Chiesa e Stato il Codice getta le basi dell’attuale art. 7 Costituzione che regola i rapporti tra lo Stato e la Chiesa: «Chiesa e Stato hanno due fini diversi. La Chiesa rigenera gli uomini alla vita della Grazia nel tempo e li guida al pieno possesso di Dio nell’eternità; lo Stato mira a provvedere gli uomini di una sufficienza di beni terreni e coopera al progresso in ogni campo» (n. 27). «Lo Stato deve riconoscere la missione divina della Chiesa, acconsentirle piena libertà nel suo campo, regolare di comune accordo lealmente le materie miste […] informare la sua molteplice attività ai princìpi della morale cristiana» (n. 28).
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