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28 aprile: è la Giornata mondiale dedicata ai morti per l'amianto

di Antonella Granieri*

 

Sono trascorsi vent'anni, era il 2005, dall'istituzione della Giornata mondiale dedicata alle vittime dell'amianto. Nel 1992, tredici anni prima, l'Italia (primo Paese in Europa) legiferava la messa al bando dell'estrazione, della produzione e della commercializzazione del minerale, per tutti non più il materiale milleusi o il "salvavita" ignifugo, ma un killer, responsabile della formazione del mesotelioma pleurico, letale carcinoma che colpisce il polmone. Ancora anni prima, sul finire del decennio Ottanta, grazie alla coraggiosa battaglia civica del sindaco di Casale Monferrato Riccardo Coppo (prematuramente scomparso), dei sindacati e alla mobilitazione della società civile, era stato chiuso lo stabilimento Eternit. Ed oggi, proprio a Casale Monferrato, nella Sala consiliare del Municipio, ha luogo il tradizionale appuntamento del Premio Vivaio Eternot [1], preludio a una serie di prossimi appuntamenti che illustreranno le iniziative per contrastare il fenomeno e dare continuità alla bonifica dei territori.

La contaminazione da amianto non è un problema superato.[2] Anzi. Nel mondo, i decessi stimati sono circa 255.000 all'anno, dei quali circa 233.000 attribuibili a una esposizione professionale. Secondo i dati dell'Istituto superiore di Sanità (ISS), "tra il 2010 e il 2020 ogni anno in Italia sono decedute per mesotelioma in media 1.545 persone, 1.116 uomini e 429 donne", cifre che indicano "una diminuzione del numero dei decessi per mesotelioma tra gli under50 negli ultimi anni", [3] primo effetto della legge 257/92 cui ci si è richiamati sopra. Nel nostro Paese, si calcola che 10 dei 42 Siti di Interesse Nazionale (SIN)In Italia, attualmente perimetrati hanno una storia caratterizzata dall’estrazione e/o produzione di amianto[4]. E, i dati riportati dall’ottavo Rapporto del Registro Nazionale Mesoteliomi (ReNaM) riporta 37.003 casi di mesotelioma maligno tra il 1993 e il 2021, con una età media alla diagnosi di 71 anni (DS = 10,5), un rapporto di genere (M/F) pari a 2,6 e una mediana di 48 anni tra l’inizio dell’esposizione e l’insorgenza della malattia.

Il SIN maggiormente esteso, è notorio, è il sito piemontese di Casale Monferrato, la cui cittadinanza è stata per decenni duramente traumatizzata non solo dall’elevato numero di morti presenti in quasi ogni famiglia, ma anche da una situazione conflittuale patogenica che vedeva gli abitanti dipendere per la loro sussistenza economica dall'Eternit, il cui stabilimento era situato nel quartiere Ronzone, che inquinava dando loro la morte. Informazioni note agli specialisti, ma semplificate sulla reale nocività dell'amianto, come hanno dimostrato i processi penali che si sono susseguiti a partire dal dicembre 2009 a Torino, aperti dalle inchieste dell'allora procuratore Raffaele Guariniello, ultimo quello d'appello la cui sentenza del 17 aprile scorso ha confermato la condanna del magnate svizzero, azionista di maggioranza del gruppo Eternit, Stephan Schmidheiny, a 9 anni e 6 mesi di reclusione per omicidio colposo.


L'indagine sulla condizione psicologica dei pazienti e della popolazione civile

Negli anni, l'attenzione sugli effetti della contaminazione d'amianto, dagli studi sull'origine e la cura del mesotelioma pleurico, si è estesa anche all'indagine sulla condizione psicologica sia dei malati, sia delle popolazioni investite da rischi di contrarre la malattie asbesto correlate. Il lavoro è stato graduale da primi anni Duemila e soltanto l'esperienza e la conoscenza degli ambienti ha permesso di superare anche quelle inevitabili diffidenze che si ramificano nell'avvicinarsi alle dinamiche psicologiche, sia sul piano individuale, sia su quello collettivo. Del resto, in Italia, come nel mondo, non era viva una tradizione di applicazione del metodo psicoanalitico nei Siti Contaminati. È stato, dunque, necessario andare nella direzione di un’estensione del metodo psicoanalitico, facendo affidamento su flessibilità ed elasticità della tecnica.

Ciò ha significato anche differenziare il contributo della psicologia clinica di orientamento psicoanalitico dai contributi di altre discipline (quali l’antropologia, la sociologia, alcuni aspetti della semiologia, etc.), che hanno avuto il merito di avviare processi comunicativi di gruppo, ma non hanno potuto includere nel loro discorso aspetti del funzionamento mentale, perché non specifici del loro vertice di osservazione. Si è trattato in primis di lavorare a livello multidisciplinare in una comunità contaminata, un lavoro che ha implicato la condivisione di emozioni dolorose non ancora elaborate e a volte dissociate dal Sé e ha dunque sollecitato prevedibili resistenze a livello individuale, di gruppo e istituzionale.


La recettività dei cittadini di Casale Monferrato

Certamente, Casale Monferrato non è l’unico caso di contaminazione ambientale e industriale, né lo è in Piemonte (ricordiamo il caso di Cavagnolo, in provincia di Torino) e in Italia, né nel mondo. Tuttavia, una sua peculiarità è stata la persistenza nella cultura istituzionale locale di una cultura sindacale portatrice di un orientamento progressista e aperto alle potenzialità del contributo che il pensiero umanistico, filosofico e anche psicoanalitico può apportare alla comunità. La popolazione casalese negli anni è stata particolarmente recettiva rispetto a questo orientamento e ha potuto dialogare proficuamente con istituzioni a loro volta permeate da questa visione del mondo, creando un incontro di intelligenze che dialogano nella ricerca di una sanità comunitaria.

Questo ha permesso alla psicologia e in particolare alla psicologia clinica di essere inserita a livello ufficiale nelle Consensus Conferences sul mesotelioma pleurico maligno, la più frequente patologia oncologica connessa all’esposizione ad amianto, e a ottenere con continuità finanziamenti sui progetti via via proposti a Casale Monferrato.



*Docente di Psicologia clinica all'Università di Torino e Direttrice della Scuola di specializzazione di psicologia clinica dell'Università di Torino.  


Note

[1] "Eternot" è il nome dato al Parco verde sorto sull'area occupata dalla fabbrica Eternit, lo stabilimento di produzione di manufatti in amianto più grande d'Europa, attivo dal 1907 al 1986.

[2] L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce Siti Contaminati quelle aree caratterizzate dalla presenza, attuale o passata, di attività umane che hanno prodotto o possono produrre una contaminazione ambientale, con effetti o possibili effetti sulla salute della popolazione. In Italia, la possibilità che un’area possa essere inserita tra i cosiddetti SIN per la bonifica si basa su criteri sanitari, ambientali e sociali.

[4] Casale Monferrato (AL, AT e VC), Balangero (TO), Broni (PV), Emarese (AO), Officina Grande Riparazione ETR di Bologna, Napoli Bagnoli, Tito (PZ), Bari Fibronit, Priolo (SR) e Biancavilla (CT).


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