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La Festa della Repubblica, Mattarella: “Promuovere le ragioni della pace”


“Con lucidità e con coraggio occorre porre fine alla insensatezza della guerra e promuovere le ragioni della pace […] Non è un conflitto con effetti soltanto nel teatro bellico. Le conseguenze della guerra riguardano tutti. A cerchi concentrici le sofferenze si vanno allargando, colpendo altri popoli e nazioni. Accanto alle vittime e alle devastazioni provocate sul terreno dello scontro, la rottura determinata nelle relazioni internazionali si riverbera sempre più sulla sicurezza alimentare di molti Paesi; sull'ambito della gestione delle normali relazioni, incluse quelle economiche e commerciali”.

Con queste parole, nel giorno del 76° anniversario del referendum con cui l’Italia scelse la Repubblica, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha fissato i criteri con cui il nostro Paese agirà nell’interesse della pace in Europa. Dietro la lucidità e il coraggio evocati dal Quirinale c’è la posizione chiara e netta della nostra comunità. C’è il netto rifiuto della guerra come risoluzione delle controversie tra Stati. Ed è il rifiuto di leggere la storia attuale come un “immenso mattatoio”, secondo l’interpretazione che ne diede Hegel. Quell’immenso mattatoio è da cento giorni in Ucraina sotto gli occhi del mondo.

Non si può rimanere inerti mentre è in atto, e lo si è ripetutamente prefigurato sulla Porta di Vetro, l’arrivo di un altro silenzioso, quanto raccapricciante cavaliere dell’Apocalisse: la fame nei paesi più poveri e più deboli per la carenza di grano. Il cereale diventa così, dopo il gas, il “finanziatore” della guerra di Putin. Non a caso, ha affermato il presidente della Repubblica, non si può rimanere inerti di fronte a “un'aggressione di stampo ottocentesco” in cui l’umanità è protagonista della “propria rovina”.

Sergio Mattarella chiede, dunque, una soluzione diplomatica rapida, urgente, in cui il perimetro del negoziato è e deve rimanere altrettanto chiaro: “ritiro delle truppe occupanti e ricostruzione dell'Ucraina”. Un messaggio che si può interpretare come allargato all’Europa, a Bruxelles, ma non solo.

Sono parole dense di significato che il presidente della Repubblica manda nel mondo perché destinate alla nazione più potente del mondo, all’uomo che siede alla Casa Bianca. Nessuno dei grandi leader dell’Occidente, infatti, si nasconde che soltanto gli Stati Uniti d’America possiedono oggi la chiave della valigetta, all’interno della quale ci sono i termini per arrivare alla pace. Soltanto il presidente Joe Biden ha nella sua agenda le parole giuste da usare con Vladimir Putin per chiudere il conflitto, anziché esasperarlo e trascinarlo in un vortice di ulteriori sofferenze, distruzioni e drammi per il popolo ucraino.

La democrazia per vivere, crescere e irrobustirsi ha bisogno di ideali e di pace, in cui i cittadini si possano riconoscere. Ed è per questo che la democrazia si differenzia dalle dittature e dai dittatori. Questi ultimi passano. Prima o poi. Ma i popoli restano. Non li si costringa a odiarsi.

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